L’ufficialità del cda arriverà a breve, ma la decisione è stata già assunta: la Fondazione Open, nata nel 2012 con il nome di Big bang, chiude. Matteo Renzi sceglie così di mettere fine all'esperienza della cosiddetta cassaforte che è servita fino ad oggi a raccogliere le donazioni di finanziatori privati. La svolta sarà ufficializzata a breve dal consiglio di amministrazione, presieduto dall'avvocato Alberto Bianchi e composto da Maria Elena Boschi, Luca Lotti e Marco Carrai.

In questi sei anni, la parabola politica dell'ex premier è stata un fulmine: dalla rapida ascesa, all'incredibile discesa dopo la batosta al referendum costituzionale. Specie nella fase della scalata non è mancato il sostegno di economico di imprenditori più o meno potenti, ma anche di semplici cittadini. Dal 2012 a oggi i fondi raccolti sono stati pari
a 6,7 milioni di euro. Dalle maxi donazioni come quelle del finanziere Davide Serra (quasi
300 mila euro in tutto tra lui e la moglie), della British american tobacco (110 mila euro) o dell'armatore Vincenzo Onorato (oltre 150 mila euro), assieme ai micro bonifici via PayPal, la fondazione Open ha raccolto in sei anni circa 6,7 milioni di euro.

Ma come sono stati spesi? "Una cifra ingente, investita soprattutto per organizzare sette edizioni della Leopolda e la fase iniziale della rottamazione, quando l'interesse di molti importanti finanziatori aveva bruscamente virato verso l'allora sindaco di Firenze. Tra questi c'erano anche sostenitori storici del centrodestra, i quali preferivano versare alla fondazione piuttosto che al Pd". Che scenario delinea la chiusura di Open? Scrive sempre il Corsera. "E adesso? Renzi rimarrà davvero dietro le quinte con i galloni di semplice senatore? Oppure, come si sussurra da più parti, ha chiuso una pagina per aprirne un'altra, magari con un nuovo partito a tempo debito?".