In Florida l'arancio, gli agrumi in generale, sono una tradizione e un simbolo. Presenti anche nelle targhe dello stato, ed è solo un esempio, si presume che fu Cristoforo Colombo a portarli nel Nuovo Mondo e gli esploratori spagnoli, probabilmente Ponce de Leon, piantarono i primi alberi di agrumi in quella che poi sarebbe diventata la Florida, tra il 1513 e il 1565. E il patrimonio, l'eredità lasciate da quelle prime piante, nei secoli si è trasformato in una industria del valore di miliardi di dollari.

Oggi si contano quasi 4.000 coltivatori di agrumi in quello che è Sunshine State su una superficie totale, destinata a questi frutti, che raggiunge quasi 1.800 chilometri quadrati. E sono 45.000 gli addetti che lavorano in questa industria, in maniera diretta o indiretta. Lo stato della Florida produce, o meglio produceva, poi più arance di qualsiasi altra regione del mondo, fatta eccezione solo per il Brasile con l'aggiunta della leadership mondiale per quello che riguarda la produzione di pompelmi. Si sono toccati i 9 miliardi di dollari l'anno, coinvolgendo tutte le attività economiche che sono correlate, si tratta di una industria che si può dire rappresenti un ruolo importante per tutti gli abitanti dello stato.

Questo nel momento di massimo splendore, ma adesso, ultimamente, le incertezze, in questo settore, si sono moltiplicate ed ecco allora una trasformazione solo fino a qualche tempo fa impensabile in Florida. È stata portata avanti in particolare da produttori di Frostproof, cittadina che si trova in Polk County. I pionieri, così si possono chiamare, sono Byron e Cynthia Matteson che pur sottolineando come non abbiamo intenzione di tradire la coltivazione degli agrumi, vista la situazione attuale, hanno cercato strade alternative. I Matteson, proprietari della Mattco Enterprises LLC a Lake Wales, rappresentano la quarta generazione di coltivatori di agrumi, ma anche loro sono stati colpiti pesantemente dalle malattie batteriche che si sono abbattute sugli alberi e questo li ha quasi costretti a cambiare strada.

"Mi sono sentito quasi come mi stessi liberando degli agrumi - ha spiegato Cynthia - avevamo intenzione di ampliare su altri 14 ettari, ma la situazione è così desolante". D'accordo anche Byron: "Sono ancora un uomo degli agrumi - ha aggiunto - mi si spezza il cuore vedere quello che sta succedendo, mi si spezza il cuore vedere i miei alberi in queste condizioni. La malattia ha portato alla riduzione del 70% della produzione di tutta la Florida, mentre al tempo stesso ne triplica i costi".

Ecco allora che all'orizzonte sono apparsi i bambù italiani. Li ha portati la C.B.I., Consorzio Bambù Italia e all'improvviso sui terreni di Sunshine State è riapparso il sole. "Per ora - ha ribadito Byron - sono 14 ettari ma l'intenzione è di piantarne ancora di più". Ma oltre alla situazione attuale, complicata, c'è un altro aspetto che rende il bambù irresistibile. "Ci vogliono dieci anni spiega Cynthia Matteson perchè un nuovo agrumeto dia i primi profitti, tempo che con il bambù si riduce a tre anni". Per avviare questa nuova coltivazione, la Mattco ha stretto una partnership con OnlyMoso USA Corp, sede a Sunrise, due passi da Fort Lauderdale che sta promuovendo la coltivazione commerciale della pianta negli Stati Uniti. Ma OnlyMoso, e qui arriviamo all'Italia, è appunto la consociata di C.B.I. che ha iniziato a promuovere questo tipo di piantagioni dal 2011.

E Fabrizio Pecci, fondatore e presidente della società italiana che ha la sede a Cattolica, provincia di Rimini, è arrivato a Frostproof per assistere al cambiamento della Mattco, dagli agrumi al suo bambù. «La nostra azienda - ha spiegato Pecci - ha contribuito a creare oltre 2.000 ettari di bambù commerciale in tutta Europa, in modo particolare in Italia". Finora OnlyMoso USA ha contribuito a dare il via a una coltivazione di 120 ettari in Florida e altri stati del sud degli USA, questo dal 2014 da quando per la prima volta C.B.I. è sbarcata in America.

"I coltivatori possono iniziare i raccolti di germogli dopo tre anni - ha spiegato ancora Pecci - il legno di bambù dopo cinque. E in particolare i germogli stanno crescendo in popolarità tra i consumatori europei e statunitensi per i loro effetti benefici sulla salute, tra cui antiossidanti, potassio e fibre. Il consumatore di oggi ha la necessità di cibo buono e sano, non ci servono diserbanti e pesticidi". Per ora i raccolti saranno spediti in Italia, per essere
processati e venduti. Ma ci sono anche stabilimenti specifici negli Stati Uniti, mentre il legno è destinato a quelle aziende, ce n'è già una nel Mississippi e un'altra nell'area di San Francisco, che lo trasformano in compensato e prodotti per la pavimentazione. Negli States il costo per ogni acro (0,4 ettari) per la coltivazione di bambù è di 18.000 dollari e OnlyMoso presta la metà dell'importo, senza interessi, per quattro anni. E se per la manutenzione, ad acro è prevista una spesa di 5.000 dollari, i profitti possono raggiungere i $25.000.

Roberto Zanni