Era bello, era biondo, ma soprattutto era bianco, Nino Benvenuti, e perciò andava benissimo come sfidante mondiale contro il nero Griffith. E poi era italiano, come migliaia di paisà che da anni vivevano a New York e in tutta l'America, e quindi avrebbe attirato pubblico ed interesse enorme. Ma nessuno fra tecnici e addetti ai lavori della grande mela dava la minima chance di vittoria a questo ragazzo italiano scelto come avversario di Emile “the killer” Griffith che solo qualche anno prima aveva provocato a suon di pugni sul ring la morte di un altro campione, Benny Paret, reo di avergli dato dell'omosessuale.

Nessuno, ad eccezione di Nat Fleischer, giornalista ed editore della celebre rivista “The Ring”, che qualche anno prima lo aveva visto combattere a Roma: “Io non sottovaluterei troppo quell'italiano” aveva detto il vecchio Nat. Ma nessuno gli aveva creduto. Nino Benvenuti, 80 anni oggi, 26 aprile, ha appena presentato per l'occasione una nuova autobiografia “L'orizzonte degli eventi” (Cairo), scritta in collaborazione con Mauro Grimaldi e Ottavia Fusco, la vedova di Pasquale Squitieri, il regista napoletano scomparso a febbraio 2017, che aveva progettato una biopic sulla vita del campione.

Come andò a finire quella sera del 17 aprile 1967, quando il Madison Squadre Garden era uno sventolio di bandiere tricolori, ormai lo sanno tutti. Agli italiani rimasti a casa fu vietata la diretta tivù alle quattro del mattino per evitare – si disse – un assenteismo in massa sul lavoro il giorno dopo. Solo la radiocronaca di Paolo Valenti per 17 milioni di ascoltatori. Ed è ben nota anche la trilogia dei match contro Griffith: vincita, rivincita e bella: 2-1 per Nino, ultimo sigillo il 4 marzo 1968.

Ma al di là della vittoria sportiva di un italiano nel tempio e nella patria della boxe (prima di lui solo Carnera c'era riuscito, ma quella fu un'altra storia), gli ottant'anni di Benvenuti ci riportano sotto gli occhi la vita di un campione le cui vicende spesso sono andate anche oltre le cronache del pugilato perché lo spessore del personaggio ha superato la dimensione
sportiva. Erano tempi in cui la boxe in Italia riempiva i palasport e spesso anche gli stadi (60mila spettatori a San Siro per il mondiale di Duilio Loi).

Benvenuti è stato uno dei protagonisti assoluti di quei tempi. La sua rivalità con Sandro Mazzinghi, il guerriero di Pontedera, ha infiammato discussioni e polemiche giornalistiche come ai tempi di Coppi e Bartali, Mazzola e Rivera. Una rivalità infinita, punteggiata
dalle due storiche sfide per il mondiale dei medi junior, due vittorie di Nino, la prima per ko te la seconda ai punti, verdetti che Sandro non ha mai accettato.

Dall'oro olimpico di Roma '60, con annesso premio Val Barker per il miglior pugile del torneo (e c'era anche un certo Cassius Clay...), alla doppia sfida mondiale con Mazzinghi sullo sfondo di un dualismo mai sopito. Dalla trilogia con Griffith alla disastrosa doppia sfida con Carlos Monzon che ne ha praticamente segnato la fine della carriera.

Sono capitoli intensi di una carriera straordinaria che Nino ora riguarda e riscrive con la luce di una serena maturità e dilata oltre gli eventi strettamente pugilistici perché questi si intrecciano con altri eventi extrasportivi e comunque collegati. Come la dolcissima storia d'amore con Nadia Bertorello, la “dama bionda”, ora sua moglie, persa e ritrovata, dopo il divorzio dalla prima moglie, con la figlia Nathalie nata dal loro amore.

Persa perché in quei tempi una storia simile era considerata uno scandalo per un personaggio pubblico come lui. Papa Paolo VI gli cancellò l'udienza. Come il suo anno sabbatico da volontario in un lebbrosario in India, nel 1995, al fianco di persone sofferenti: “ricevendo in cambio tesori di umanità”. Come la sua amicizia con Griffith e Monzon, i suoi più grandi avversari ora scomparsi, ma con i quali ha coltivato a lungo sentimenti di stima e solidarietà. Per Emile, che trascorse i suoi ultimi anni in povertà e vittima dell'Alzheimer, organizzò un viaggio in Italia e una sottoscrizione di solidarietà.

Monzon era in carcere, in Argentina, per l'assassinio della moglie, quando ricevette la visita di Nino, prima di morire in un incidente stradale mentre rientrava da un permesso. E Mazzinghi? Dopo mezzo secolo di rivalità e di inutili inviti da parte di Nino a deporre l'ascia di guerra, la pace è giunta solo qualche anno fa, nel corso di una intervista televisiva. I due eterni nemici si sono scambiati un saluto ed un sorriso attraverso le telecamere di Rai3. Il prossimo 3 ottobre anche Sandro compirà 80 anni. Chissà, magari brinderanno insieme.

Adriano Cisternino