L’Italia è al 46mo posto nella classifica sulla libertà di stampa stilata da Reporter senza frontiere (Rsf), sempre staccata dai maggiori Stati membri dell'Ue ma comunque in miglioramento rispetto allo scorso anno quando era 52ma. Nel rapporto 2018 si ricorda inoltre che "una decina di giornalisti italiani sono ancora sotto protezione permanente e rafforzata della polizia dopo le minacce di morte proferite, in particolare, dalla mafia, da gruppi anarchici o fondamentalisti".

Dal World Press Freedom Index emerge che il nostro Paese ha un coefficiente sulle limitazioni alla libertà peri media di 24,12 (era 26,26), appena più alto di quello degli Stati Uniti (23,73) che si collocano subito prima al 45mo posto. La classifica è guidata dalla Norvegia (coefficiente 7,63) seguita da Svezia, Olanda e Finlandia. Tra i maggiori Paesi dell'Unione europea, la Germania è 15ma, la Spagna 31ma, la Francia 33ma e il Regno Unito 40mo. Male ancora una volta la Russia che si conferma 148ma, fanalino di coda mondiale è il sultanato del Brunei.

Dopo aver ricordato i casi dei cronisti che vivono sotto scorta, Reporter senza frontiere sottolinea che "violenze e intimidazioni sono a un livello allarmante e crescente, soprattutto in Campania, Calabria e Sicilia", e "numerosi giornalisti, soprattutto nella capitale e nel sud del Paese, si dicono continuamente sotto pressione di gruppi mafiosi che non esitano a penetrare nei loro appartamenti per rubare computer e documenti di lavoro confidenziali quando non vengono attaccati fisicamente".

Ma "dimostrando coraggio e resilienza, questi giornalisti, continuano, nonostante tutto a pubblicare le loro inchieste". "Molti giornalisti italiani", evidenzia il rapporto, "sono preoccupati dalla vittoria elettorale di M5s che spesso ha criticato i media e non ha esitato a fare i nomi dei giornalisti sgraditi". "Sempre più giornalisti si autocensurano a causa delle pressioni dei politici", si legge ancora nel giudizio sull'Italia, in cui si cita anche una proposta di legge per punire fino a nove anni di carcere chi diffama un politico o un magistrato.

Il messaggio lanciato dalla Ong è che "l'odio del giornalismo minaccia le democrazie". In particolare, "la rivendicata ostilità nei confronti dei media, incoraggiata da alcuni responsabili politici, e la volontà dei regimi autoritari di esportare la loro visione del giornalismo minacciano le democrazie".