Osservare l’Italia e l’Europa dal Canada in questi ultimi due mesi – per di più all’ombra degli Stati Uniti d’America di Donald Trump – è diventato, per chi scrive, giorno per giorno più angoscioso: questione migranti, ‘salvinismo’ dilagante e sconquasso dell’Europa sembrano essere gli unici sinistri argomenti di questa assurda, triste stagione politica.
Nel quarantennale dell’assassinio di Moro e della sua scorta, l’Italia - in un mondo sconvolto da una lunga crisi economica e dalle diffuse aspettative di una nuova più grave bancarotta planetaria – la situazione può far tornare alla mente un classico del cinema muto: “Das Cabinet des Dr. Caligari”, Il gabinetto del dottor Caligari, girato in Germania (guarda caso) nel 1919 e considerato pellicola-simbolo dell’espressionismo non solo tedesco.

E qui, prima di procedere oltre, sembrano necessarie alcune righe su quel movimento culturale e sul film: “Con il termine espressionismo si usa definire la propensione di un artista a esaltare, esasperandolo, il lato emotivo della realtà rispetto a quello percepibile oggettivamente. Questo orientamento artistico si diffuse nei primi anni del Novecento e aveva come centro d'irradiazione la Germania”. Non c’è nulla di artistico nel chiudere i porti, respingere i migranti e fare continue sparate su questi temi, soprattutto perché gli arrivi in Italia sono diminuiti dell’80% rispetto all’anno scorso, ma l’esasperazione del lato emotivo della realtà sembra del tutto evidente, anche grazie all’incredibile e irragionevole amplificazione mediatica di qualsiasi maleodorante rutto o rumorosa flatulenza italiani, bavaresi o esteuropei sul complesso e drammatico problema.

Tragico per l’Europa, anche a causa di minacce come quella del ministro dell’Interno tedesco Horst Seehofer (capo bavarese della Csu, ala di destra nella coalizione di governo) in polemica con la cancelliera Angela Merkel. Una notizia che, sia pur a quanto pare rientrata dopo un accordo tra i due, fa venire in mente per l’Europa un altro simbolo del movimento espressionista, “L’urlo”, angosciante opera del pittore norvegese Edvard Munch. Ma veniamo al film: Caligari - nome italiano (guarda ancora caso) che gli sceneggiatori ripresero da un ufficiale incontrato al teatro La Scala di Milano dallo scrittore francese Stendhal – è un sinistro soggetto che all’inizio dell’Ottocento gira fiere di paese tedesche portandosi dietro in una bara il sonnambulo Cesare, capace di predire il futuro (quando qualcuno oggi in Italia prevede che governerà per 30 anni è Caligari, Cesare o uno che li ha incontrati?).

La trama del film è molto complessa, ma qui diremo solo che ha per protagonisti anche Francis e Jane pazienti di un manicomio, che il dottor Caligari altri non è che l'attuale direttore del nosocomio e che il tutto si conclude con una camicia di forza. Sul film il regista e critico cinematografico francese Louis Delluc nel 1922 scrisse: “ ...Prima lento, deliberatamente laborioso, vuole snervare l’attenzione. Poi quando iniziano a girare le onde dentate della "Kermesse", la cadenza balza, accelera, scorre e non ci lascia che con la
parola “fine”, secca come uno schiaffo”. Di sicuro le consultazioni e le trattative per il governo hanno snervato l’attenzione di tutti mentre ora viviamo l’espressionista, incontrastata kermesse salviniana e rischiamo un’Europa totalmente in pezzi grazie a xenofobi, sovranisti, populisti e altri pessimi tribuni della plebe sparsi e a quanto pare inspiegabilmente crescenti in più punti del continente.

Prima di giungere alla parola fine, secca come uno schiaffo, sarà il caso che il presidente del Consiglio Conte e gli stessi Cinquestelle, se ne sono capaci, trovino la forza e il coraggio di uscire dal gabinetto del dottor ‘Matteo Caligari’, salvando l’Italia dal peggio e non contribuendo al totale collasso dell’Unione Europea. Mancano appena 10 mesi alle prossime elezioni europee: per non trovarsi schiacciati tra devastante trumpismo e morte dell’Europa solidale è indispensabile agire presto, molto presto. Magari con la guida del Quirinale e il contributo dell’ex-presidente del consiglio Gentiloni e del presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti, impegnati non solo a tentare una ricostruzione di un nuovo centrosinistra, grande e unito, ma soprattutto a contrastare e contenere la pericolosa deriva reazionaria più che prevalente nelle prime mosse dell’attuale sconcertante governo.

Mariano Benni