Utilizzando Zygmunt Bauman è così che potremmo definire il Governo Conte, “liquido”, dunque frustrato, ossessionato dall’apparire, annunciare, sentenziare e rincorrere un consenso che potrebbe sfuggirgli di mano. Del resto sarebbe sciocco credere che Luigi Di Maio e Matteo Salvini non si rendano conto del poco o niente che è stato fatto fino ad ora. Come se non bastasse, quel poco o niente, come il “Decreto dignità”, è uno sgorbio demagogico, inutile e dannoso. Qui non si tratta di dare o meno ragione, a chi dice che sottrarrà occupazione anziché aumentarla, si tratta di buon senso e di una elementare conoscenza delle regole economiche che governano il mercato del lavoro.

Infatti, il decreto dignità non nasce per incentivare l’impiego cosiddetto stabile, ma solo per dare un contentino all’ala sinistra del firmamento pentastellato. Oltretutto, tra le emergenze oggetto dei giuramenti elettorali, quella del decreto dignità, francamente, ci sembra davvero l’ultima. Non ci siamo su nulla e perfino sui migranti; c’è solo un fastidioso braccio di ferro tra Salvini e Di Maio, punto. Da una parte il ministro dell’Interno, che rivendica la linea forte contro l’accoglienza senza limiti voluta dai cattocomunisti, dall’altra quello del Lavoro, che con i cenacoli radical chic deve farci i conti eccome.

Un gran pezzo dei grillini, infatti, viene e proviene dalla sinistra e dai salotti “bella ciao”. Insomma, il mondo pentastellato è zeppo di postcomunisti che con l’eskimo di cachemire, il Rolex al polso e la barca in Sardegna fanno gli agit-prop. Ecco perché fra Di Maio e Salvini è più guerra che pace, più scontro che incontro, oltreché una estenuante trattativa su tutto. Eppure, al netto di queste ovvietà, ciò che indigna è l’indifferenza verso una minima azione legata alle promesse della campagna elettorale.

Sulla abolizione della “Legge Fornero” solo ipotesi e vaghezze, sulla pace fiscale buio assoluto, sulla flat tax numeri e chiacchiere in libertà dell’uno e dell’altro; insomma, ad essere franchi, una “pagliacciata”. Di certo almeno fino ad ora la fiducia elettorale è stata ripagata, con tanto fumo e poco, pochissimo arrosto. Ecco perché diciamo che il Governo Conte è “liquido”, nella speranza comunque, visto il buongiorno, che non si appresti a evaporare...

Alfredo Mosca