Il Cile è diventato il primo paese del Sud America a vietare i sacchetti di plastica, unendosi così alle sessanta nazioni che hanno già preso misure per ridurre l'inquinamento provocato dai 10 milioni di buste consumate ogni minuto in tutto il mondo. "Volevo condividere la mia gioia con voi: a partire da oggi, il divieto di uso diventa legge", ha detto il presidente Pinera in una cerimonia a Santiago, prima di offrire borse di tela al pubblico. Il provvedimento vieta la distribuzione di sacchetti di plastica, fatta eccezione per l'imballaggio alimentare "per motivi igienici o al fine di evitare gli sprechi alimentari".

SEI MESI E DUE ANNI DI TEMPO PER ADEGUARSI
Da oggi, vengono dati, per adeguarsi alle nuove regole, sei mesi alle grandi aziende e due anni alle piccole imprese. Una volta passate queste scadenze, rischieranno una multa di 370 dollari per ogni sacchetto di plastica distribuito. Nel frattempo, i venditori potranno offrire al massimo due sacchetti di plastica per ogni acquisto. "Siamo molto lieti di fare un passo nella direzione giusta. Quello che proponiamo è semplice: cambiare lo stile di vita dei cileni e renderlo sostenibile", ha aggiunto il capo dello Stato.

UNA VERA E PROPRIA RIVOLUZIONE
Per il Cile, dove solo il 4% dei 17,5 milioni di persone ricicla i propri rifiuti, è una vera e propria rivoluzione culturale. Si stima che i cileni utilizzano 3,4 miliardi di sacchetti all'anno, e di questi almeno il 90% finisce nelle discariche, o nel mare. Durante l'inverno australe, la costa cilena che si estende più di 4000 km, è peraltro disseminata di rifiuti, al punto che, ha rivelato ad AFP il ministro cileno dell'ambiente Marcela Cubillos, "vicino alla costa, tra il Cile e Perù, ci sono vere e proprie isole di buste di plastica grandi quanto il Messico", che si estende per quasi due milioni di km2.