Almeno 43 persone sono morte, più di 600 sono state evacuate e 15 sono finite in ospedale in condizioni critiche, quando una porzione di 200 metri del ponte dell'autostrada A10 è crollata a Genova, il 14 agosto 2018.

Il governo italiano ha dichiarato 12 mesi di stato di emergenza in Liguria, stanziando 28,5 milioni di euro per sostenere le persone colpite dal disastro. Le indagini sul collasso esamineranno diverse possibili cause, tra cui l'usura del tempo, il traffico intenso, i difetti strutturali e altri problemi. La struttura aveva 51 anni ed era nota come "Ponte di Brooklyn in Italia", progettato dall'ingegnere italiano Riccardo Morandi.

La struttura è stato criticata da esperti che, in momenti diversi, hanno richiesto che si eseguissero una seria manutenzione e valutazioni dei rischi di sicurezza. Il “The Guardian” ha sostenuto che questo disastro sarà una parabola italiana, un'illuminazione tragica del fallimento di un intero sistema politico. Mentre infuria il solito inferno politico tra i partiti e le imprese private, il fantasma del coinvolgimento della mafia nel settore delle costruzioni in Italia è stato evocato sulle pagine della stampa inglese.

La Liguria è al centro di molte indagini su infiltrazioni mafiose. Nella zona, i clan mafiosi calabresi della 'ndrangheta – oggi la più potente mafia italiana – hanno pesantemente investito nel settore delle costruzioni, nelle gare pubbliche e nello sfruttamento del porto di Genova e nei contratti di gestione e manutenzione delle strade verso la Francia e verso il resto dell'Italia del nord. La 'ndrangheta in Liguria è forte e ben organizzata. E nel disastro di Genova, ci sono tre potenziali problemi legati all'attività della mafia. Innanzitutto, ci sono dubbi sulla qualità dei materiali utilizzati per la costruzione del ponte. Alla fine degli anni '60, quando fu costruito il ponte, la ’ndrangheta (insieme ad altri gruppi criminali) era già presente nel territorio e stava già investendo nel settore delle costruzioni.

LA CORRUZIONE NELL’EDILIZIA

Da allora, questo settore è diventato il core business dei clan calabresi in Liguria e anche a Genova, un fatto confermato dai magistrati antimafia in una delle più recenti indagini della regione, chiamata Operazione La Svolta, che ha riguardato gli anni dal 2014 al 2016. Non ci sono prove che la Società Italiana per Condotte d'Acqua Spa – un gruppo con sede a Roma, che ha costruito il ponte Morandi e coordina la costruzione e la manutenzione di diverse strade e ferrovie in tutta Italia – abbia utilizzato materiali scadenti o sia stata infiltrata dalla mafia al tempo in cui il ponte fu costruito. Ma le indagini cercheranno di capire se alcuni dei lavori di manutenzione sull'autostrada e sul ponte sono stati assegnati a imprenditori e subappaltatori poco raccomandabili.

Anche perché altre operazioni antimafia hanno destato preoccupazione; in particolare l’operazione Bellu Lavuru del 2012, che ha portato a processi contro membri della 'ndrangheta coinvolti nella costruzione di un'importante strada in Calabria, la statale 106 Ionica. L'operazione stabilì anche connessioni problematiche tra alcuni dirigenti della Società Italiana per Condotte d'Acqua Spa e clan della 'ndrangheta, durante la costruzione si questa strada. La Società Italiana per Condotte d'Acqua Spa detiene il 31% dell'associazione di imprese che gestiscono la costruzione del Terzo Valico, un servizio ferroviario ad alta velocità tra Genova e Milano, volto a migliorare i movimenti tra il porto di Genova e le ferrovie del nord Italia e del resto d'Europa.

Vari arresti sono stati effettuati in connessione con il progetto Terzo Valico, a causa della presunta influenza della ‘ndrangheta nei subappalti in Liguria nel 2016. E nel marzo 2018, il presidente della Società Italiana Condotte d'Acqua Spa è stato arrestato con un’accusa di corruzione. Rimane agli arresti domiciliari, in attesa di processo a novembre di quest'anno, e da allora ha lasciato la presidenza della Società, che è sotto amministrazione controllata dall'inizio di agosto 2018.

IL BUSINESS DELL’EMERGENZA

I disastri su larga scala possono anche presentare alla mafia opportunità per trarre profitto da crisi e stati di emergenza: questo è noto in Italia come «il business dell’emergenza». Negli ultimi decenni, ad esempio, i gruppi mafiosi sono stati spesso coinvolti nella ricostruzione in seguito ai danni dei terremoti. Quando il governo dichiara lo stato di emergenza, stanzia fondi extra per sostenere le persone e i luoghi colpiti. Ma al fine di accelerare gli sforzi di soccorso, i meccanismi di controllo per la revisione delle gare di appalto possono essere deboli, il che apre la porta ai gruppi mafiosi nelle gare. La mafia ha anche infiltrato sistemi di soccorso e fondi di sostegno collegati, ad esempio, ai centri di migrazione, in seguito alle crisi migratorie degli ultimi anni. Dato che la Liguria e la stessa città di Genova hanno già sperimentato l'ingerenza delle imprese gestite dalla mafia nel settore edilizio, c'è un alto rischio di coinvolgimento della mafia nei contratti di soccorso e ricostruzione dopo il crollo del ponte di Genova.

ANNA SERGI

SENIOR LECTURER IN CRIMINOLOGY, UNIVERSITY OF ESSEX (UK) (“THE CONVERSATION” RIGORE ACCADEMICO, STILE GIOTRNALISTICO)