Potremo bere buon vino, non tanto però buono.  La vendemmia è andata bene, ottimi gli esiti. Il Chianti per cominciare. Chianti appunto in Italia, che in Cina si chiamerà “Shiandi”.

Registrato il marchio in cinese, la mossa viene ritenuta epocale dai dirigenti del Consorzio del Chianti. Il passo utile, necessario, indispensabile che sancisce il radicamento del famoso vino in Oriente. L’ideogramma esplicativo (si fa per dire) è un insieme di tre caratteri. Il primo è usato per indicare un’attività a favore di terzi. Il secondo significa pace. Il terzo indica le radici di un fiore. Se il Chianti in Cina si chiamerà Shiandi non sarà il risultato di un’iniziativa maldestra di qualche produttore locale, ma semplicemente per volere del Consorzio del Vino Chianti Docg, presieduto da Giovanni Busi.

Il Consorzio è riuscito infatti a registrare il proprio marchio in caratteri cinesi. Quale lo scopo? La possibilità concreta di utilizzare il marchio sulle etichette che verranno esportate in Oriente. Una mossa fondamentale, del valore di svariati milioni di euro. Una montagna di yen, una montagnola di dollari. La traslitterazione scelta ha una fonetica molto simile all’originale Shiandi.

Il vino Chianti Docg è un vino amato in Oriente e più ancora in un Paese, la Cina, che conta un miliardo e trecentomila abitanti.  Un mercato dalle potenziali enormi. La registrazione, di conseguenza, è uno step importante nel percorso del Consorzio del Chianti, impegnato da mesi nella realizzazione di un progetto a lungo termine. Si tratta di cosa? Innanzitutto della internalizzazione a beneficio delle imprese toscane del vino.  Ma non è stato facile, tutt’altro.

Il tutto si è manifestato in fondo a una complicata, lunga, faticosa fase istruttoria. In particolare legata nel dettaglio alla complessità amministrativa delle istituzioni cinesi.  Che sono quelle che sono nella loro atipicità rispetto quasi tutte le nazioni del pianeta. L’attenzione si è focalizzata innanzitutto sulla scelta dei caratteri. Andava infatti combinata l’assonanza fonetica con un significato complessivamente positivo del marchio.

Divertente? Proprio no, faticoso, impegnativo, comunque mai adatta a persone con problemi psicologici.  Un risultato comunque non facile da raggiungere.  Nel campo dei brand italiani, in passato, ci è riuscito Bulgari, diventato nell’accezione cinese Bajoiali. Tradotto, “prezioso, buono, bello”.  La storia racconta un lontano precedente di novantotto anni fa: Coca Cola scelse la traslitterazione Kekoukele, “felicità nella bocca”, in aperta contrapposizione ad alcuni commercianti cinesi. I quali avevano scelto una traslitterazione foneticamente più fedele.

Il significato “mordi il girino di cera” venne ritenuto scarsamente attrattivo da Coca Cola.  Chianti è il vino delle colline toscane. Vigneti e viti sono presenti, in esclusiva, protette dalla denominazione Chianti Classico, nelle province di Firenze, Pisa, Siena, Arezzo. Il nome Chianti apparve per la prima volta nel 1398. Il Chianti è una terra, tipiche le sue vite cosiddette “ad archetto toscano”.

Nel 1924, trentatre produttori locali, a tutela della denominazione e della qualità, trovarono l’intesa su un preciso disciplinare.  Il vino conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, simbolo dell’italianità a tavola, eccellenza assoluta, assunse la denominazione “Chianti Classico” nel ’32, in virtù di un decreto interministeriale.  Viene messo in commercio dopo l’invecchiamento almeno di un anno dal momento della vendemmia.  Ma come funzionerà la questione cinese di questo vino italiano più popolare all’estero?

Le aziende associate interessate all’utilizzo del marchio sulle proprie etichette potranno farne richiesta direttamente al Consorzio. Tranquilla la previsione: saranno molte, in considerazione del fatto che il mercato cinese conferma tutti i segnali positivi in materia di crescita per le importazioni di vino italiano. Nomisma stima un incremento del 3,3%, che s’impenna fino a un +11,3% per i rossi toscani Dop.

Nella primavera scorsa, il portale Winelta ha diffuso il seguente dato, entusiasmante per noi italiani: il Chianti è la denominazione più conosciuta in Cina. Il Consorzio del Chianti, di conseguenza, punta forte sul mercato cinese. Come prova il recente lancio del progetto “Chianti Academy” nelle città di Pechino, Shanghai, Guangzhou, Shenzhen. L’iniziativa mira all’insegnamento ai professionisti cinesi del settore la storia del Chianti. La sua cultura, la sua filiera produttiva. “Huanying”, benvenuto in Cina. E buona salute, nostro caro Chianti.