È stata un’impronta fortissima quella che gli emigrati italiani hanno dato all’architettura e all’arte in Uruguay, probabilmente uno dei settori maggiormente coinvolti da questo fenomeno. Partendo da queste premesse, la Facoltà di Architettura dell’Università della Repubblica ha ospitato un dibattito organizzato dal gruppo Amici d’Italia. Dopo i saluti del decano della Facoltà Marcelo Danza e quello dell’ambasciatore italiano la conferenza ha avuto 3 interventi molto "corposi" che hanno affrontato l’argomento sotto diversi punti di vista, tutti estremamente significativi. Parlando del suo libro del 1990 “El aporte italiano a la imagen de Montevideo a través de la vivienda”, la professoressa Elena Mazzini ha descritto le caratteristiche principali delle abitazioni costruite dagli italiani nel periodo compreso tra il 1880 e il 1920. Un dato aiuta a comprendere quegli anni: per ogni costruttore spagnolo ce n’erano ben 4 italiani. “Erano abitazioni che si adattavano alle diverse esigenze, tanto quelle dei terreni come le possibilità economiche dei proprietari. Nei disegni delle facciate si nota un’influenza classica e la ricerca di un ordinamento simmetrico”.
Camminando per le vie di Montevideo ancora oggi è possibile riconoscere queste abitazioni che nascondono però al loro interno “particolari decorazioni” frutto del lavoro dei “tanti artisti italiani” che aveva all’epoca Montevideo. “In genere gli italiani qui arrivavano tra i venti e i venticinque anni e portavano con loro i mestieri e le conoscenze. In poco tempo raggiungevano la notorietà. In quegli anni la città aveva un alto livello di professionalità”.

La figura Luigi Andreoni - il più celebre tra i costruttori italiani, rappresentante dell’eclettismo storicista - è stato al centro dell’intervento della professoressa Sabrina Arigón. Nato a Vercelli nel 1853, Andreoni partì ventiduenne con il suo titolo di studio e poco altro sbarcando nella desertica capitale uruguaiana nel giorno della festa nazionale del 1876. “I primi tempi furono abbastanza difficili” ha raccontato la professoressa. “Come prima cosa si recò presso l’Ambasciata italiana per chiedere la convalida del titolo di studio. Andava in giro cercando lavoro ma gli dicevano che era arrivato nel peggior momento”. Dopo i primi lavori come agrimensore e docente di matematica, Andreoni iniziò presto ad ottenere importanti progetti a cominciare dal Palacio Buxareo, il Banco Inglés, il Teatro Stella d’Italia, la Casa Vaeza, il Club Uruguay e il Canale Andreoni nel dipartimento di Rocha. Il periodo di maggiore attività è racchiuso negli anni 1884-1890, con una ventina di progetti. Sono due le opere a cui deve particolarmente la sua fama, due veri e propri “simboli” della Montevideo dell’epoca mostrate con orgoglio anche nelle cartoline: l’Ospedale Italiano di Montevideo e la stazione centrale di Montevideo. La prima, un vanto per la comunità italiana e non solo, ha “una struttura monumentale insolita per un ospedale con giardini e portici”. La seconda è il “sinonimo del progresso” della “nuova porta della città collegata velocemente attraverso il treno”.
Con lo scultore Ricardo Pascale si è parlato invece dell’influenza italiana nell’arte, anche questo un campo molto vasto. Diverse sono le opere di artisti italiani che sono state replicate nella capitale uruguaiana: innanzitutto il David di Michelangelo ma anche tanti altri tra cui il Gattamelata, la statua di Dante Alighieri e quella di Leonardo Da Vinci. Ricche di storie e curiosità sono poi le rappresentazioni commemorative tra le quali spicca la Lupa di Roma, regalo della capitale italiana a Montevideo, le sculture del Palacio Legislativo e i monumenti a diversi personaggi storici con Artigas, Garibaldi e Cristoforo Colombo.
Molto ampio è anche l’ambito dei monumenti funerari che abbondano tanto nella capitale - nei due cimiteri, il Central e il Buceo - come nell’interno, specialmente a Paysandú e Mercedes. La parte conclusiva dell’intervento di Pascale è stata dedicata all’influenza che ha esercitato il Bel Paese sui più importanti artisti uruguaiani per concludere poi con la scultura. Ultimo capitolo della lunghissima storia che lega l’Italia all’Uruguay nel campo artistico e architettonico.