Lui, il vicepremier Luigi Di Maio, prima ha denunciato che il testo sulla pace fiscale arrivato al Quirinale è stato manipolato: "Nel testo trasmesso alla presidenza della Repubblica, ma non accordato dal Consiglio dei Ministri, c'è sia lo scudo fiscale sia la non punibilità per chi evade. Noi del MoVimento 5 Stelle in Parlamento non lo votiamo questo testo se arriva così. Questa parte deve essere tolta, contiene un condono, uno scudo fiscale alla Renzi, come quelli che faceva Renzi e quindi non lo voterò".

Non ha chiarito però con chi ce l’avesse, se con l'alleato leghista Matteo Salvini o con il Ministero dell'Economia guidato da Giovanni Tria, sostenendo di non sapere se la "manina" che ha riscritto il testo approvato lunedì in Consiglio dei ministri sia "politica o tecnica". Poi, dopo aver saputo dalla residenza del capo dello Stato che mai era arrivato il testo incriminato, ha detto che a quel punto basterà stralciare la parte incriminata.

E ha aggiunto: "Io tendo a escludere responsabilità politiche perché mi fido delle persone con cui sono al governo. In questo esecutivo - ha spiegato - stanno avvenendo tante cose inedite, tra cui tanti giochini. Non ci siamo fatti molti amici in questi anni, quindi ci sta che qualcuno provi a metterci lo sgambetto. Tutto quello che metteremo in campo dopo la denuncia alla Procura delle Repubblica ci farà capire di chi sono le responsabilità".

Ma nella realtà Di Maio è partito come al solito in quarta, dovendo poi fare una vistosa retromarcia. Che però non è piaciuta al mondo politico. E difatti le opposizioni lo hanno criticato: Di Maio, hanno affermato Pd e Fi, è perseguitato dalla teoria del complotto.