Fermare la partita e i campionati di calcio se l’arbitro è oggetto di violenza? Tipo quello subito recentemente da un giovanissimo direttore di gara in un torneo cosiddetto minore.

Ma sì, interrompiamo, sospendiamo, rifiutiamoci di giocare, incrociamo i piedi: quasi tutti d’accordo, arbitri e allenatori. Anche i mister di prima fila, Carlo Ancelotti come Maurizio Sarri. Sì, quasi tutti. Compreso lo svizzero Massimo Busacca, già arbitro internazionale scelto nel 2009 per dirigere Barcellona-Manchester United, finale di Champions League, oggi direttore del dipartimento arbitri della Fifa. "Un episodio deplorevole l’aggressione al giovane Riccardo Bernardini. Un atto che non deve restare impunito. E i violenti vanno perseguiti e puniti". Busacca sa cosa significhi la violenza a margine di una partita di calcio. L’ha subita quando aveva diciannove anni e arbitrava da due.

"Stavo per mollare tutto". Ricorda quel giocatore che l’aveva affrontato a muso duro, la sua faccia a un centimetro da quella dell’arbitro diciannovenne". Plebiscitario il parere dei direttori di gara italiani, guidati dall’aretino Nicchi. Sì alla sospensione delle partite e del campionato, confortati dal parere degli allenatori, parimenti plebiscitario. Gli arbitri italiani presentano intanto i conti, decisamente preoccupanti alla prima lettura e anche in sede di approfondimento.

Le aggressioni registrate nella stagione 2017-2018 sono state 451; 109 agli arbitri in Seconda categoria, il penultimo livello del calcio in Italia. Quella che nel Lazio a Riccardo Bernardini ha causato la sospensione per una domenica di tutte le partite dei campionati regionali. Un blocco totale, a fronte dello spettacolo tra virgolette che è andato avanti in tutta Italia. Bernardini, giovane arbitro divorato dalla passione, l’arbitraggio a fare pendant con gli studi universitari, è ancora in ospedale.

Mentre il Coni prepara un evento con i bambini a dirigere se stessi per dire "Io tifo arbitro". Il grave episodio serve comunque a scoprire una sorta di pentolone. Pieno di ingiustizie, boicottaggi, oscuri episodi, ambiguità, mancato rispetto degli impegni. Vite di disagi e sacrifici mal compensati. Momenti di paura che come arrivano vengono cancellati dalla svelta indifferenza anche dei media. In Italia gli arbitri in trincea vengono pagati (si fa per dire) dopo otto mesi.

Un guardalinee donna di Perugia, Noemi, è andata su e giù la linea laterale per 65 euro per duecento chilometri d’auto, da Perugia a Terni e ritorno. I compensi, le cifre, sono sempre gli stessi da cinque anni. A dispetto dei prezzi della benzina, che fluttuano verso l’alto. L’impennata è sotto gli occhi di tutti e presente nelle tasche degli italiani. Con i soldi dei rimborsi per le gare regionali e provinciali non si mangia, proprio no.

Oltretutto questi soldi, come detto, impiegano tempi biblici per arrivare a destinazione. Sei-otto mesi. Gravina, neo eletto presidente della Figc, ha promesso che farà di tutto per snellire i tempi, non potendo adeguare le cifre per mancanza di fondi. Il gatto italiano che si morde la coda. Ma perché lo fanno?

Perché rischiare botte, aggressioni, sputi per un pugnetto di euro incassabili dopo otto mesi? "Non certo per soldi", assicura uno per tutti, convinto di interpretare il pensiero anche del collega ventiduenne aggredito ad aprile. Una inaudita brutalità: una scarica e di calci e pugni, favorita dal comportamento vigliacco dei dirigenti della squadra di casa che, ad arte, avevano lasciato aperto il cancello allo sfogo assurdi dei tifosi picchiatori. Responsabili mai identificati, protetti da omertà e complicità, riottosi in presenza di un fischio arbitrale non gradito. L’aggredito è tornato in campo, non senza paura, dieci giorni dopo. Ma c’è anche chi viene aggredito e smette, stufo di prendere botte.

"Non siamo tutelati, troppo rischioso andare avanti". La sicurezza, poi. Gli impianti sono spessi vecchi e mal protetti. E la forza pubblica? Solo le partite a rischio, definite "sensibili", sono coperte. Mancano gli uomini, impossibile mandare un rappresentante delle forze dell’ordine su ogni campo. Sono millanta quelli attivi alla domenica. Il caso limite di un messaggio sbagliato (comunque uno dei tanti) è rappresentato dal presidente della Lega Dilettanti del Lazio che definì "goliardico" un calcio nel sedere dell’arbitro. Salvo poi presentare le scuse.

C’è di tutto di più nell’immenso calderone del calcio dilettantistico, componente ovviamente dominante per quantità di voti in sede di elezioni federali. I social grondano reazioni di ogni tipo. Paradossi, proteste, minacce pro e contro lo stop dei campionati nel Lazio. La passione per l’arbitraggio è mal pagata. D’accordo, si parla di dilettanti, studenti universitari, impiegati, lavoratori in genere, ma per come vengono trattati dai vertici del settore è una roba da far cadere le braccia. E da costringere tutti noi che osserviamo dall’esterno a un urlo poderoso di protesta. Almeno siano solleciti, i dirigenti, nei rimborsi di quei quattro pidocchi di euro.

Il Friuli è regione decisamente virtuosa: l’unica senza aggressioni agli arbitri. Laddove, in Umbria, la questione della violenza sugli arbitri dei campionati dilettanti dilettantistici è approdata in consiglio regionale. Il 3 dicembre verrà discussa una mozione al fine di introdurre un codice etico tra gli sportivi di Perugia e Terni. Mai in amore fra loro. A Terni, un club, l’Olympia Thyrus, è tra le rare società ad essersi scusate pubblicamente con un arbitro vittima di aggressione, quattro anni fa. "Non deve più accadere".

Olympia Thyrus si è data un codice etico passato in bacheca come messaggio ai genitori dei giovani calciatori, talvolta in Italia nel ruolo di fomentatori di atti inconsulti verso l’arbitro apostrofato al grido di "cornuto e venduto". Il club ternano propone una clamorosa inversione di tendenza da adottare come un bell’esempio di distensione. "L’arbitro arbitra, tu pensa a divertirti". Sarebbe ora, ma avrà proseliti disposti a mettere in pratica il messaggio? Permetteteci di dubitare. Come siamo abituati a dire, il pesce puzza dalla testa.