"Una volta superate le emergenze manovra economica, decreto fiscale e rapporti idilliaci con l'Ue, bisognerà avere anche la forza, la buona volontà, il coraggio di rivedere un
impianto istituzionale che è monco". Il ministro dell'Interno Matteo Salvini, durante un evento organizzato a Roma da Poste italiane per i sindaci dei piccoli comuni pone un nuovo obiettivo al governo: rilanciare il sistema delle province, abolite come organo elettivo ma, di fatto, ancora in piedi, seppur con competenze ridimensionate in seguito alla riforma che porta il nome dell'ex ministro di Trasporti e Infrastrutture, Graziano Delrio.

"Ci sono piccoli comuni ai quali hanno tolto il coordinamento delle infrastrutture, delle strade, delle scuole. Io mi domando come si possa abbandonarli così", ha sottolineato il vicepremier, osservando che le province sono "un ente che c'è e non c'è, che fa e non fa
e che in alcune zone di montagna aveva e ha ancora un senso".

"Ci ragioneremo, è uno di quei ragionamenti che bisognerà avere il coraggio di fare", ha proseguito Salvini, "cancellare l'ente Provincia senza dare una soluzione ha lasciato i sindaci e alcuni piccoli Comuni abbandonati. Non si tratta di una novità. Si tratta di un progetto , volto al "ripristino della legalità costituzionale", già illustrato mesi fa sul sito della
Lega e che ha tra i primi firmatari il ministro dell'Agricoltura, Gian Marco Centinaio, e lo stesso Salvini.

Il Carroccio cita uno Studio dell’Università Bocconi secondo il quale "il costo delle province è relativo e che la loro soppressione, con l’attribuzione delle funzioni ai comuni, non comporterebbe risparmi di spesa". Inoltre, "oggi i piccoli comuni non sono nelle condizioni di svolgere le competenze e le funzioni attualmente esercitate dalle province come, ad esempio, la manutenzione delle strade, la gestione degli edifici scolastici delle scuole superiori, i centri per l’impiego". Detta con altre parole: le regioni sono troppo grandi, i comuni troppo piccoli. In fondo è quello che prevedeva il Padre Costituente, che articolò per l’appunto la Repubblica in "Regioni, Province e Comuni", affidando loro la gestione del mondo di mezzo.

A decretarne il declino fu la ventata di antipolitica che vedeva nella provincia l'emblema dell'ente pubblico inutile, fonte di sprechi e ruberie. La legge Delrio ha trasformato le province in enti di secondo livello cioè eletti da sindaci e consiglieri comunali del territorio e
non dai cittadini. Le 76 Province (e 10 Città metropolitane) delle Regioni ordinarie sono diventate enti di secondo grado con un presidente e un consiglio provinciale (tutti senza gettone) eletti tra i sindaci e i consiglieri comunali di zona. Non esistono più le giunte. Le Regioni hanno deciso quali funzioni lasciare loro e quali riprendersi. La riforma costituzionale avrebbe dovuto sopprimerle, ma è stata bocciata con il referendum.

Le province ora costano il 32% in meno, con un taglio da 5 miliardi di spese nel 2010 a 3,45 del 2015, di cui solo 1,38 di funzioni fondamentali. Gli investimenti, poi, sono crollati del 63%, passando da 1,93 miliardi del 2008 a 0,71 del 2017.