Nebula Genomics vuole essere il "primo mercato online dei geni". A definirlo così sono i fondatori della startup: George Church, Dennis Grishin e Kamal Obbad. Funziona così: la società sequenzia l'intero genoma gratis o per pochi dollari. Gli utenti, in cambio, decidono di mettere a disposizione di università e case farmaceutiche proprio corredo genetico e altri dati sanitari. Risparmiano, in alcuni casi guadagnano e ricevono informazioni sulla propria salute senza spendere nulla. La loro moneta non è nel portafogli ma ce l'hanno nel sangue. Nebula Genomics è stata fondata nel 2016 ed è appena stata lanciata. Ha già raccolto 4,3 milioni di dollari da importanti venture capitali, tra i quali Khosla Ventures. La genomica ha un impatto potenzialmente enorme sulla medicina, perché permette di avere terapie personalizzate, in base ai propri geni. "La tecnologia per rendere possibile tutto questo esiste già – spiegano i fondatori sul sito della startup – ma manca l'accesso ai dati su larga scala". E senza informazioni (tante informazioni) non ci sono casi sufficienti per creare un archivio. Perché? Un po' per i costi necessari per sequenziare il Dna (che però sono già in netto calo), ma soprattutto perché – secondo Nebula Genomics - "i consumatori sono riluttanti e preoccupati per la propria privacy". La piattaforma punta a sciogliere entrambi i nodi: il primo con un sistema di incentivi, il secondo usando la blockchain (il registro distribuito nato con Bitcoin) e la crittografia per gestire le informazioni. Partiamo da qui. Nebula Genomics non archivia le informazioni, a meno che non sia l'utente (spinto dalle ricompense) a volerlo. È il cliente a scegliere dove custodire il Dna: sul proprio dispositivo o su un servizio in cloud. La startup non ha un proprio "caveau" genetico (cioè non ha un server centrale). Solo dopo esplicito consenso, le informazioni saranno condivise con ricercatori e imprese. Resteranno anonime e non potranno essere scaricate dalla piattaforma. Per farlo serve un registro distribuito, la blockchain, accessibile (dietro specifiche autorizzazioni) sia a chi fornisce geni sia a chi intende studiarli. Il baratto genico: chi ci guadagna e come - A chi conviene? Nebula Genomics guadagna facendo da intermediario. Università e case farmaceutiche potrebbero avere accesso a un serbatoio capiente e diversificato quanto mai prima, ottenendo informazioni che oggi è difficile reperire. Gli utenti ottengono una mappatura di geni completa. È la base per conoscere dettagli sulla propria salute. Non saranno però immediatamente disponibili. Ed è qui che si inserisce il sistema di ricompense. Gli utenti riceveranno token (gettoni digitali) se, oltre al proprio Dna, decideranno di rivelare altre informazioni sanitarie, preziose per individuare una relazione tra geni e malattie. Ad esempio, potrebbero dire se hanno il diabete o l'artrite. I gettoni guadagnati possono essere spesi per avere servizi aggiuntivi e "acquistare informazioni". Tradotto: ti consegno i miei dati e in cambio mi dici (gratis) se rischio di sviluppare cancro o Alzheimer. La startup sta valutando se concedere un'altra opzione: convertire i gettoni digitali in dollari. In pratica (anche se indirettamente) le case farmaceutiche pagherebbero in contanti per comprare Dna. Già oggi ci sono società che mappano il genoma umano. La più nota è 23andMe, guidata da Anne Wojcicki, ex moglie del fondatore di Google Sergey Brin e sorella sorella di Susan, ceo di YouTube. Anche 23andMe usa i dati come merce, condividendoli su esplicito consenso degli utenti. Qual è la differenza con Nebula Genomics? La prima è tecnica: la startup offre una mappatura completa del genoma, mentre la maggior parte di servizi simili ne cattura solo una parte. "È la stessa differenza che c'è – spiegano i fondatori - tra leggere un libro intero e cercare di capirlo scorrendo solo una pagina". Le altre distinzioni riguardano costi e dati. I test di 23andMe sono sempre a pagamento. Le informazioni ottenute possono essere girate ai clienti, sempre in forma anonima. Nebula Genomics sottolinea che, al contrario delle società esistenti, "non possiede i dati e non li vende". È vero che non ha una propria cassaforte ma un registro distribuito ed è vero che guadagna offrendo un servizio. La differenza è però, nella prassi, piuttosto sottile. La vera novità è un'altra: la startup offre ricompense e rende più esplicito e trasparente l'accordo con gli utenti.