Dice bene il senatore Maurizio Gasparri: "Il governo sopprime i fondi per l’editoria, uccide la libertà di stampa, produce licenziamenti in massa nei giornali. Una scelta da dittatura. Una vergogna in violazione di norme costituzionali. A quando un rogo nazista di libri e giornali? Fermiamoli". La giornata di ieri è stata assolutamente negativa per quel che riguarda il pluralismo e la libertà di stampa. Già, perché con toni minacciosi, come usano sovente fare, il vicepremier Luigi Di Maio e il sottosegretario Vito Crimi hanno annunciato il taglio del fondo per l’editoria, con l'azzeramento dei fondi nel 2022 con taglio del 25% anno dopo anno. Una morte lenta, un dissanguamento graduale. Come già scritto più volte, questo significa la fine di tanti giornali, come "Gente d’Italia". La colpa dei media? Raccontare la verità che spesso e volentieri è tragicomica per la galassia pentastellata, abituata oramai a gaffe, retromarce incredibili e veri teatrini dell’assurdo e che per questo si trova sovente criticata dai giornali.
Come risolvere il problema? Cancellando le voci critiche, non facendo arrivare alla gente l’eco di una politica che oramai tanti dubbi sta sortendo negli italiani, compresi quelli che vivono all’estero. Di Maio, ministro del Lavoro, con questa scelta manderebbe sulla strada non solo migliaia di giornalisti, ma anche tutti quelli che lavorano all’indotto dell’editoria, dai poligrafici ai pubblicitari, dalle segretarie a chi fornisce servizi di pulizia tanto per fare qualche esempio. Davvero allucinante, Di Maio, che vuole essere il messia della lotta al precariato. Come? Aumentando i precari. Davvero una mossa geniale. Da statista. La scure sui fondi all’editoria mostra un volto assolutamente illiberale da parte del mondo grillino. Se abbiamo iniziato quest’articolo con una dichiarazione di un uomo di destra come Gasparri, ora lo chiudiamo con quella di un uomo di sinistra come il senatore del Pd Roberto Rampi: "L'accordo a Palazzo Chigi per tagliare in tre anni, fino a cancellarle, le risorse indispensabili al pluralismo dell'informazione, per tante piccole testate locali e per le minoranze linguistiche è una follia. Al Senato daremo battaglia. Credo che tutto il Paese debba farsi sentire e mi auguro che nel mondo dell'informazione ci sia una reazione senza precedenti in difesa di un pilastro della Costituzione". E ora speriamo nel buon senso che ha sempre mostrato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella verso un tema nobile come quello della libertà di stampa.