Pagava i dipendenti in nero. La Guardia di Finanza indaga nell'ultimo presunto casino della Lega. Già, la Lega della legalità trovata talvolta con le mani nel sacco. La Lega con problemi, opaca e non chiara, più o meno imbrogliona come i partiti che si sono avvicendati (e continuano ad avvicendarsi) sulla scena italiana. Recitata l'ultima beffa, e non c'è limite che regga. Alla faccia del contratto di lavoro, puntualmente presente a casa Lega. E alla faccia anche della trasparenza, cavallo di battaglia nelle campagne elettorali dei partiti. Dipendenti quindi non di un'azienda privata, ma della Lega, destinataria ricevente di rimborsi elettorali. Soldi pubblici, dunque. La Finanza sta passando al setaccio i conti correnti di decine di impiegati leghisti. Un lavoro non facile, anche decisamente complesso e delicato, portato avanti dalle province di Bergamo e Brescia. Le roccaforti storiche del Carroccio, di nuovo al centro della bufera. I problemi, per la Lega, non finiscono mai. Prima quei quarantanove milioni spariti, poi i network utilizzati per incassare finanziamenti blindati, infine le donazioni e le presunte schermature lussemburghesi per movimentare soldi. I magistrati non sono ancora riusciti a risalire completamente al bandolo della matassa. Proprietari di sospetti acquisti, la Procura di Bergamo ha aperto un'inchiesta parallela alle procure di Genova a Roma. L'inchiesta riguarda il rapporto di lavoro che lega decine di impiegati della Lega intesa come partito. Impiegati operativi presso diverse sezioni lombarde leghiste. Persone che in questi anni, sotto la guida di Matteo Salvini, con le casse vuote dopo la dissennata, scandalosa gestione dell'ex segretario Belsito, sarebbero state pagate in modo irregolare. In nero, tout court. L'inchiesta si sviluppa intorno alle posizioni di tesorieri e semplici impiegati. I finanzieri esaminano da giorni conti e posizioni. Indagano nella contabilità nei conti correnti per verificare le modalità di pagamento degli stipendi partiti dalla storica sede di via Bellerio. Le ispezioni bancarie hanno interessato anche alcuni deputati della Lega. Se i riscontri verranno confermati, i casotti finanziari del partito potrebbero mettere in crisi Matteo Salvini. Un semplice fastidio? Qualcosa di più. Lo scabroso tema dell'illegalità ha recentemente interessato e infangato gli alleati del M5S, soprattutto con la vicenda del padre di Luigi Di Maio. Da non dimenticare i problemi che hanno inseguito e angustiato l'ex segretario Pd, Matteo Renzi. La storia dei "pagamenti in contanti" effettuati dal padre Tiziano Renzi. Lavoratori in nero anche in quel caso, giornali e televisioni vi hanno sguazzato per mesi. Se si ha l'accortezza di seguire il percorso dei soldi e anche le nozze dei protagonisti, aiuta sempre, quando le indagini sono particolarmente complesse. In questo caso, il matrimonio c'è: quello di una dipendente della Lega. Lo sposo è un impiegato di Brescia. Il sobrio banchetto nuziale sembra destinato a sfumare nell'anonimato. Altrimenti inosservato, diventa invece uno spunto di capitale importanza nelle mani degli agenti delle Fiamme Gialle. La signora pare sia stata pagata per anni "off record". Niente busta paga. E non l'unica persona ad essere liquidata mensilmente con questo illegale sistema. Una prassi consolidata, secondo i primi accertamenti, che sarebbe continuata nel tempo. Una magagna, chiaramente un'anomalia, incastrata nella complessa maleodorante vicenda dei soldi volatilizzati. I pm di Genova, Roma e, Bergamo stanno usando la lente d'ingrandimento per ingigantire le prospettive delle indagini. Clamorose ma palpabili, dalla rotta illegale battuta da svariati milioni di rimborsi elettorali orchestrati e manipolati dall'ex tesoriere leghista Stefano Stefani. I magistrati genovesi contano di interrogarlo al più presto. Stefani è il funzionario che nel 2013 aprì il primo conto Sparkasse. Dove affluiscono quei dieci milioni di euro trasferiti dalle casse della Lega alle donazioni del costruttore Luca Parnasi all'associazione "Più voci", costituita dal tesoriere Giulio Centemero, indagato, e da due amici commercialisti bergamaschi. Intrigo o garbuglio, chiamatelo come più vi piace, tanto la sostanza non cambia. Ma perché pagare in nero i lavoratori della Lega? Il risparmio su tasse e contributi, ovvio, e altri due validi motivi. Solo ipotesi, però: evitare di gravare sulle spese di bilancio o destinare i soldi stralciati ad altre voci. Gli oneri di gestione sono avvolti tuttora in una nebulosa. È su questa presunta "cresta" che stanno lavorando la Guardia di Finanza e i pm di Genova, Bergamo e Roma. I dipendenti leghisti implicati sarebbero una quarantina. In un organico sul quale, nel 2013, si è abbattuta la spending review leghista. Gli impiegati sono scesi da ottanta a ventinove e tuttora è in vigore la cassa integrazione in deroga. Chi paga e come gli stipendi? La Procura di Bergamo chiederà conto e ragione su tutto all'ineffabile tesoriere Giulio Centemero.