Contratto di Governo alla mano, una soluzione scritta non c'è. Ridurre gli stipendi dei parlamentari è una misura che può rientrare dentro la voce "tagli agli sprechi e ai privilegi" oppure no? E perché la misura non è espressamente indicata? La voluta genericità in molti punti controversi dell'accordo fondativo della coalizione gialloverde sta portando a uno scontro interpretativo fra M5S e Lega sul taglio annunciato da Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista come priorità del 2019.

Alla Lega non piace l'urgenza con cui i 5 Stelle si stanno muovendo per una legge che tagli gli stipendi dei parlamentari. Matteo Salvini considera il provvedimento non prioritario, alcuni esponenti del Carroccio sono contrari. Come Claudio Borghi, presidente della Commissione Bilancio della Camera, che in un'intervista alla Repubblica frena l'ottimismo degli alleati pentastellati. "Semplicemente non è nel Contratto ... sul punto non c'era accordo e si decise di accantonarlo".

Non è dello stesso avviso Francesco D'Uva, capogruppo del M5S alla Camera, intervenuto ai microfoni di Radio Cusano Campus per dire che "nel contratto di governo c'è il taglio ai privilegi e agli sprechi, secondo noi il taglio dello stipendio dei parlamentari rientra in questa voce". Allo stesso modo Lorenzo Fioramonti, vice ministro dell'Istruzione, dice al Corriere che il taglio degli stipendi degli eletti in Parlamento "è uno dei capisaldi del Movimento da sempre" ed è giusto lavorare per ridurli con o senza il placet della Lega.

Il leghista Claudio Borghi, presidente della Commissione Bilancio della Camera, che in un'intervista alla Repubblica frena l'ottimismo degli alleati pentastellati: "Io c'ero quando si scriveva il contratto di governo. E in quel contratto tra Lega e M5S, il taglio degli stipendi dei parlamentari semplicemente non c'è"... "al capitolo 26 si parla di "tagliare i costi della politica e delle istituzioni, eliminando gli eccessi e i privilegi" con esplicito riferimento a vitalizi, autoblu, aerei di Stato, ma non alle indennità di deputati e senatori. E sa perché? Perché sul punto non c'era accordo e si è deciso di accantonarlo".

La prima motivazione di Borghi è quindi che il taglio degli stipendi dei parlamentari non è negli accordi di Governo. Ma c'è una seconda motivazione, che è quella di "attrarre competenze" in Parlamento, con un riconoscimento anche monetario del lavoro svolto. "È ovvio che se io prendo uno scappato di casa e lo candido, il nostro stipendio può sembrare stellare: per un disoccupato è tantissimo, mi rendo conto. Ma le Camere scrivono le leggi, decidono il destino del Paese: se noi vogliamo le eccellenze dobbiamo pagarle. E poi c'è un'altra questione. Bisognerebbe candidare cittadini non affamati perché più si ha fame più si rischia di restare vittima di offerte improprie: pre o post ruolo che si ricopre. Quel che interessa alla gente è avere parlamentari che lavorano nel loro interesse, non quanto guadagnano".

Borghi è però favorevole all'esclusiva nel lavoro di parlamentare. "So di farmi nemici tanti colleghi ma secondo me sarebbe giusto introdurre l'obbligo per deputati e senatori di svolgere la funzione in via esclusiva: non si può fare in contemporanea l'imprenditore o l'avvocato. Il nostro è un lavoro assorbente".

Francesco D'Uva, capogruppo del M5S alla Camera, dice a Radio Cusano Campus che sul taglio del numero dei parlamentari e sulla riduzione dei compensi il Movimento vuole andare avanti. "Nel Contratto di governo c'è il taglio ai privilegi e agli sprechi, un po' generico, ma secondo noi il taglio dello stipendio dei parlamentari rientra in questa voce. Noi del M5S l'abbiamo già fatto, ora però vogliamo farlo per legge per tutti, per restituire fiducia ai cittadini nelle istituzioni e dimostrare che si può fare politica in modo sano e non per arricchirsi. In generale, questo ruolo è fondamentale ma non dipende da quanto uno guadagna. I primi parlamentari della storia repubblicana forse neanche prendevano lo stipendio eppure nessuno si permetteva di dire che veniva svilito il ruolo di parlamentare. La vecchia politica che ci teneva tanto a guadagnare tanti soldi non ha saputo dare risposte ai cittadini. Non credo che qualcuno possa dire che noi del M5S lavoriamo male perché guadagniamo di meno. Attualmente un parlamentare, oltre alla voce indennità di 5 mila euro netti, ha anche la voce rimborsi che arriva a 7 mila. Noi restituiamo 2 mila euro, poi andiamo a rendicontare le spese: mille euro per attività parlamentari. Tutta la parte che non spendiamo la restituiamo. Alla fine ci teniamo 3500 euro di indennità e 3mila di diaria, anziché 12-13mila".

Anche il presidente dei Senatori dei 5 Stelle Stefano Patuanelli, conferma l'intenzione in un'intervista al Messaggero: "Rinunciare a certi privilegi, come già fa il Movimento da sei anni, è un dovere per tutta la classe politica e noi la riteniamo un'assoluta priorità che contiamo di portare a casa entro la fine dell'anno". E Lorenzo Fioramonti, vice ministro M5S dell'Istruzione, sottolinea sul Corriere che "il Parlamento italiano è ancora il più pagato d'Europa e va fatto un intervento che riporti i nostri stipendi al livello degli altri Paesi. È nel Contratto".