"Chiederò a tutti i sindaci e amministratori locali di disobbedire a quella che è una legge sbagliata", quella sulle unioni civili, perché "la disobbedienza alle leggi sbagliate, e per alcuni aspetti discriminatorie, è una virtù".

La rivolta dei sindaci contro il decreto sicurezza "è un fatto gravissimo, del quale risponderanno personalmente, penalmente e civilmente, perché è una legge dello Stato che mette ordine e regole".

Potrebbe sembrare uno scambio di vedute tra un questore e un anarchico.

Ma a parlare, invece, è sempre la stessa persona.

Prima all'Ansa e a radio Padania da semplice segretario della Lega, poi ai microfoni del Gr1, da ministro dell'Interno. Stiamo parlando ovviamente di Matteo Salvini.

Che, a quanto pare, ha cambiato idea un'altra volta.

Era maggio 2016 quando il leader del Carroccio arringava i suoi alla disobbedienza civile, nei confronti della legge Cirinnà sui matrimoni tra persone dello stesso sesso, da lui definita "anticamera alle adozioni gay".

E per la quale Salvini arrivò addirittura a minacciare di espulsione la sindaca leghista di Oderzo (Treviso), Maria Scardellato, che ignorò la 'velina' del suo leader per sposare Pasquale e Andrea, compagni da 11 anni.

A un anno e mezzo di distanza, l'attuale vicepremier e ministro dell'Interno si trova ora all'altra parte della barricata. E di fronte al 'Signor-no" gridatogli in faccia dai vari Leoluca Orlando, Dario Nardella, Luigi De Magistris, Federico Pizzarotti eccetera contro il 'suo' dl sicurezza, dimostra come, almeno su questo tema, la coerenza non sia proprio il suo forte.

Un cambio di linea notato anche dai suoi stessi avversari, in primis dal presidente dell'Anci Decaro: "Riguardo alle minacce che il ministro dell'Interno rivolge ad alcuni sindaci, non vorrei essere costretto a fargli notare che poco tempo fa, prima di diventare ministro, egli stesso invitava platealmente i sindaci a disobbedire a una legge dello Stato, quella sulle unioni civili".