L'arresto di Cesare Battisti, con un'operazione internazionale che ha visto i migliori investigatori della Polizia di Stato in prima fila, non ci restituirà quei servitori in divisa e quei cittadini massacrati da lui e dai suoi sodali, ma certamente rende giustizia alle vittime e alle famiglie che da 40 anni piangono i loro cari.
Purtroppo, a causa di protezioni politiche internazionali e di un clima di tolleranza sviluppatosi in alcuni ambienti "intellettuali" dopo gli anni di piombo, sono oltre 50 gli ex terroristi, monitorati dall'Interpol e dalla nostra Intelligence, legati alle brigate rosse e ai movimenti neo fascisti che godono di buona salute, ottimi redditi e tanta tutela in mezzo mondo.

Al di là del Brasile, sono molti i paesi refrattari all'estradizione di questi personaggi: in primis la Francia che con la cosiddetta "Dottrina Mitterand" è diventata una colonia privilegiata per gli ex terroristi italiani, ma anche Svizzera, Spagna, Gran Bretagna, Svezia passando poi per Argentina, Nicaragua e Giappone.

Pensiamo a Alvaro Lojacono e Alessio Casimirri.

Il primo non è estradabile perché è diventato cittadino svizzero, mentre il secondo vive felice in Nicaragua dagli anni ottanta.

Entrambi facevano parte del commando che il 16 marzo 1978 entrò in azione uccidendo i 3 poliziotti e i 2 carabinieri della scorta di Moro.

Pensiamo a Giorgio Pietrostefani, fondatore con Adriano Sofri di Lotta Continua, condannato a 22 anni per l'omicidio del commissario Luigi Calabresi e latitante in Francia.

Pensiamo a Pasquale Belsito: ex terrorista nero dei Nar, fu arrestato nel 2001 a Madrid, ma non è ancora stato estradato nonostante su di lui pendano quattro ergastoli, legati anche a omicidi di operatori delle forze dell'ordine.

Sono solo alcuni esempi, ma l'elenco è lungo.

Lungo come la scia di sangue che questi terroristi hanno lasciato nel nostro Paese. Una scia di sangue che non possiamo dimenticare.