L’arresto di Cesare Battisti è avvenuto in Bolivia, ma in realtà è nato negli uffici della Digos di Milano. E, per quel poco che si riesce a sapere, svela una pagina interessante sulla nostra polizia di Stato. Non confidenti e spioni, ma vero lavoro di indagine, di altissimo livello tecnico. La grande cacciatrice di Battisti è un’elegante signora, 45 anni, dirigente della Digos, settore antiterrorismo. Sarà poi lei, all’aeroporto di Ciampino, a notificare a Battisti i mandati di cattura e a sequestrargli tutte le carte di cui era ancora in possesso, compresa la carta di credito.

La maggior parte del lavoro è stata fatta via computer negli uffici di Milano e grazie al super computer del Viminale. Sono stati monitorati una serie di telefoni cellulari (Battisti ne aveva attivati ben 5) e a un certo punto la poliziotta ha avuto l’impressione di aver trovato la traccia giusta. È volata in Bolivia a da lì ha continuato le indagini, scavando sulla rete dei cellulari e dei social network. Dopo l’ultima segnalazione arrivata dal cervellone del Viminale (che aveva esaminato i dati dei vari telefoni), l’agente non ha avuto più dubbi: Battisti era stato localizzato. Ha passato la palla ai colleghi Codispoti e Russo per l’arresto materiale e poi è tornata in Italia. Infine è volata a Ciampino per notificargli gli atti.

Gran parte del lavoro fatto dalla Digos di Milano e dalla signora è destinato a rimanere segreto.  Si sa solo che lei è una specialista nell’esame dei metadati, cosa per cui ha fatto anche un master all’Fbi, anche se ormai afferma di essere diventata più brava dei suoi maestri. E forse è vero.