Anno nuovo, vecchi tormentoni, per il Movimento Cinque Stelle. Complice il ritorno pre-natalizio di Alessandro Di Battista, i grillini, in vista delle elezioni europee di maggio, hanno rispolverato la battaglia delle battaglie.

La lotta agli sprechi dei Palazzi della politica è di nuovo il catalizzatore dell'azione politica pentastellata, e in cima alla lista dei simboli del potere dell'«eurocasta» c'è la sede del Parlamento Europeo di Strasburgo.

«Va chiusa - hanno detto Di Battista e Di Maio - perché può costare anche 200 milioni di euro l'anno».

Tutto mentre in Italia il M5s continua a tambureggiare su un taglio agli stipendi dei parlamentari. Misura da approvare, hanno promesso, in tempi relativamente brevi attraverso la presentazione di un apposito ddl alle Camere.

Sullo stesso tema, uno dei provvedimenti bandiera dei primi mesi dell'autoproclamato «governo del cambiamento» è stata la riduzione dei vitalizi agli ex onorevoli di Montecitorio. In pratica, un ricalcolo retroattivo degli assegni secondo il metodo contributivo.

Si sa che le sforbiciate dirette alle tasche dei politici hanno un impatto elettorale immediato. Ma tra i corridoi e gli arazzi della Camera presieduta dal grillino Roberto Fico si annida anche un'altra casta, di cui si parla poco, nonostante l'assiduo vociare sull'abbattimento degli sprechi delle Istituzioni.

Si tratta dei 1.083 dipendenti di Montecitorio. Un gruppone di impiegati che comprende le professionalità più varie, riuniti in ben 11 sigle sindacali.

Ci sono dirigenti, commessi, tecnici documentaristi, interpreti e una serie di figure «tecniche», anche loro retribuite con compensi nettamente superiori alla media dei loro colleghi estranei al Palazzo.

E le paghe sono aumentate a partire dal 1° gennaio del 2018, quando sono scaduti i tetti e i limiti agli stipendi in vigore nei tre anni precedenti. I gialloverdi hanno annunciato di voler mettere mano ai 179 milioni di spese per i dipendenti, ma non ci sono dettagli.

Anzi, pare che l'unica cosa ragionevolmente fattibile sia quella di ripristinare il tetto agli stipendi scaduto l'anno scorso.

E stiamo parlando comunque di cifre altissime. Per quanto riguarda la categoria degli operatori tecnici e assistenti parlamentari, ovvero centralinisti, baristi, commessi e i celebri 4 barbieri di Montecitorio lo stipendio, ai 40 anni di servizio, può arrivare fino a 137mila euro all'anno, con il tetto che si vorrebbe ripristinare saremmo sui 99mila euro. Sempre secondo la tabella della Camera, datata 1 luglio 2018, i collaboratori tecnici (elettricisti, idraulici ecc.) possono raggiungere i 154mila euro all'anno a fronte del famoso tetto di 106mila.

Numeri inarrivabili per chi opera negli stessi settori, ma non è dipendente della Camera. Con il grado più alto, quello di consigliere parlamentare, che può intascare anche 361mila euro all'anno. Segretario parlamentare e Documentarista Tecnico Ragioniere sono, rispettivamente, a un massimo di 157mila euro all'anno e 240mila.

In passato, i dipendenti che temevano di più la scure di possibili tagli erano i barbieri. Ridotti da sette a quattro a inizio 2016, ma comunque ancora inossidabili al loro posto nell'elegante salone in stile Liberty al piano aula di Palazzo Montecitorio.

E c'è di più: l'11 ottobre scorso il Collegio dei Questori della Camera ha autorizzato l'acquisto di una nuova postazione proprio per l'odiato e amato «Reparto Barberia».