ROMA – Il tema dell’emigrazione italiana, con particolare attenzione a quella giovanile, è stato posto al centro del workshop intitolato “Giovani italiani all’estero: rientro, popolamento, solidarietà”: il convegno si è tenuto presso la Sala Nilde Iotti della Camera dei deputati, ed è stato organizzato dal Comitato 11 Ottobre d’iniziativa per gli Italiani nel mondo.

L’incontro è stato introdotto e moderato da Gianni Lattanzio che ha voluto evidenziare l’importanza di “tracciare piste di lavoro valide per l’intero Sistema Paese, con una linea privilegiata rivolta proprio ai giovani italiani all’estero”.

Rientro, popolamento, solidarietà: queste le tre parole chiave del workshop che ha visto susseguirsi interventi da parte del mondo politico e dell’associazionismo. “Se nel 2002 la quota dei giovani emigrati era dell’11%, nel 2013 essa è salita fino a raggiungere il 30%. Ci troviamo di fronte ad investimenti importanti che il nostro Paese ha fatto per la formazione di questi giovani, investimenti che non ritornano indietro se poi si lasciano andare via le nuove generazioni. I giovani devono andare all’estero a fare esperienza, è giusto, ma è altrettanto opportuno che l’Italia diventi un Paese attrattivo per il rientro di questi nostri ragazzi. Quando c’è solo un flusso in uscita un Paese è destinato ad impoverirsi. Da noi gli stage non sono retribuiti, abbiamo troppa burocrazia, e soprattutto una mancanza d’investimenti in tecnologia e ricerca”, ha aggiunto Lattanzio che ha portato i saluti da parte del Segretario generale del Cgie, Michele Schiavone; presente in sala il consigliere del Cgie Carlo Ciofi.

Sono stati altresì inoltrati i saluti a nome della deputata di Forza Italia, Fucsia Fitzgerald Nissoli, eletta nella ripartizione America Settentrionale e Centrale, e di Armandino D’Egidio del Consiglio regionale del Molise.

“Sottolineo l’importanza dell’argomento trattato perché tocco con mano, soprattutto in Nord America, questi aspetti dell’emigrazione italiana: ci sono giovani con un alto know-how in America anche come conseguenza del fatto che in Italia è difficile il passaggio dal mondo dell’università all’impresa”, si legge nell’indirizzo di saluto recapitato da Fucsia Nissoli. Per Armandino D’Egidio, invece, quello dell’emigrazione giovanile sta diventando in alcune zone del Paese “un vero problema sociale e in questo senso acquista importanza un workshop come questo dedicato ai fenomeni migratori”.

Maddalena Tirabassi, Direttrice del Centro Studi “Altreitalie”, ha voluto parlare proprio delle nuove mobilità contemporanee. “Il problema alla base della questione del rientro in Italia è che non sappiamo molto in realtà della cosiddetta immigrazione di ritorno. Molto conosciamo invece riguardo ai flussi in uscita e soprattutto ai motivi che portano, soprattutto i più giovani, a lasciare l’Italia. Una nostra ricerca condotta su un campione ha evidenziato che i motivi principali di espatrio, dal 2000 ad oggi, sono legati a una maggiore sprovincializzazione dei ragazzi, grazie anche a progetti come Erasmus, oltre alla mancanza di lavoro e di meritocrazia in Italia. La maggioranza degli intervistati non tornerebbe in Italia, salvo dopo aver raggiunto l’età della pensione o per un ricongiungimento familiare. I matrimoni e le unioni miste all’estero rientrano tra i motivi che spingono i giovani, oramai integrati altrove, a non rientrare. Un dato preoccupante è che ad andarsene sono anche i nuovi italiani, ossia quelli formatisi in famiglie di stranieri immigrati nel nostro Paese”, ha spiegato Tirabassi.

Riccardo Giumelli, dell’Università di Verona, ha trattato la questione dal punto di vista sociologico e mediatico. “Il disinteresse dei mass media per il mondo degli italiani all’estero ha un fondamento storico: esso si basava sul pregiudizio verso quegli italiani partiti proprio a ridosso della formazione dello Stato nazionale postunitario. Venendo ad oggi bisogna mettere da parte questi pregiudizi e anche questa idea dei cervelli in fuga. Da sociologo consiglio ai ragazzi di andarsene per conoscere nuove lingue e per imparare a stare con chi è diverso.

Il sociologo Richard Florida, parlando di smart cities, sottolinea spesso il concetto dell’importanza di scegliere dove stare. Certamente l’attentato a Parigi nel 2015 ha cambiato molte cose, incrementando la paura delle famiglie”, ha spiegato Giumelli. Ma chi sono davvero questi nuovi giovani espatriati? “Sono i cosiddetti Millennials: ragazzi che stanno su instagram e che se ne andrebbero ugualmente anche se qui in Italia ci fosse il lavoro. Essi hanno competenze elevate e desiderano trovare il posto giusto che fa per loro. Ma questo periodo non va visto solo negativamente: siamo da sempre primi al mondo per influenza culturale, secondo un’indagine statunitense, sebbene siamo al sedicesimo posto nella classifica dei Paesi in cui si vive meglio. Tra le attività concrete da mettere in piedi per contribuire ad un rientro ricordo quella proposta da Alfredo D’Ambrosio, Presidente della Camera di Commercio italiana in Venezuela: fondi da destinare agli italo-venezuelani così da consentirgli di venire in Italia, attraverso progetti universitari o sportivi, nonché riguardanti l’artigianato, il turismo e l’arte”, ha evidenziato Giumelli.

Ha poi preso la parola il direttore generale del Maeci per gli Italiani all’Estero Luigi Maria Vignali che ha ricordato la complessità delle problematiche relative ai giovani italiani all’estero. Per dare risposte alle necessità di questa nuova emigrazione secondo Vignali bisogna agire lungo cinque linee di azione: “Intercettare le esigenze dei giovani all’estero, attraverso incontri e sportelli dedicati; contestualmente è necessario agevolarli nel percorso d’integrazione, attraverso politiche di assistenza e welfare nonché dedicate all’apprendimento della lingua. Occorre quindi – ha proseguito il direttore generale - mantenere quanto più possibile aperto il dialogo con loro, considerando che soprattutto i più giovani, abituati a interagire tramite i social, tendono a sfuggire ai tradizionali circuiti aggregativi che hanno invece accompagnato gli emigrati italiani più anziani”.

Per Vignali è inoltre utile far incrociare questi giovani “con le nuove generazioni dell’emigrazione storica, attraverso momenti di scambio e d’incontro per catalizzare e moltiplicare l’italianità: d’altronde i dati ci dicono – ha continuato il direttore generale - che l’export italiano è in aumento proprio in quei Paesi dove esistono giovani collettività di connazionali ben integrate, che contribuiscono al richiamo del Made in Italy. L’ultima delle cinque linee d’azione consiste infine in un’operazione di mappatura dei talenti”. Vignali ha inoltre segnalato che prossimamente sarà predisposta un’applicazione informatica dedicata ai nuovi italiani all’estero.

Massimo Ungaro, deputato del Pd eletto nella ripatizione Europa, ha parlato di “una generazione esodo che ha ormai superato la generazione Erasmus”. Ungaro ha voluto intendere una preoccupazione fondata su numeri di circa centoventimila espatri annuali che certamente non possono essere giustificati soltanto da ragioni di studio all’estero. E’ un vero e proprio esodo come non si vedeva dagli anni ’70. A Londra, dove ho vissuto, arrivavano circa duemila ragazzi italiani al mese. Troppo spesso in Italia ci si afferma per conoscenza e non per merito; c’è quindi il problema dei salari mentre nel sistema anglosassone esiste una retribuzione dignitosa anche per uno stage. Siamo tra i Paesi che investono di meno nell’università. Esiste poi anche un problema culturale: all’estero i giovani si sentono più liberi e non solo nel lavoro bensì nella vita privata. Occorrono dunque delle risposte politiche: dobbiamo venire incontro a chi esce dal nostro Paese”, ha commentato Ungaro al quale si è aggiunta la senatrice Laura Garavini (Pd), eletta nella ripartizione Europa.

“Sono contenta per la sempre maggiore attenzione rivolta alle nuove mobilità ma d’altra parte sono preoccupata perché vuol dire che il fenomeno è in crescita. Considero una grande ricchezza l’andare all’estero, come dato positivo per l’individuo che diviene un tassello per l’Europa unita: i nostri primi emigrati sono stati dei pionieri in questo senso. Tuttavia l’arricchimento non deve essere soltanto per il territorio che accoglie ma anche per il Paese d’origine: ciò avverrebbe se ci fosse una circolarità nella migrazione. Altrimenti si rischia una vera e propria emorragia con la desertificazione di certi territori, come quelli al sud e nelle località periferiche del nord. Oltre alla legge sul controesodo, di dodici anni fa, esiste una più recente misura chiamata Resto al Sud: essa prevede sgravi fiscali per chi torna e investe nelle regioni meridionali. Su queste tematiche legate al controesodo c’è stata un’attenzione bipartisan. Ma i soli benefici fiscali non devono essere l’unica risposta politica. Spesso infatti si va all’estero perché fuori dall’Italia si riesce a coniugare meglio la carriera e la vita familiare; inoltre altrove si trovano un ambiente maggiormente multiculturale e maggiori diritti, anche per le giovani comunità omosessuali”, ha spiegato Garavini.

Come ha voluto sottolineare anche Aldo Aledda, del coordinamento scientifico del Comitato 11 Ottobre, in realtà “non si scappa dall’Italia in quanto tale ma da situazioni concrete che qui non funzionano come dovrebbero”. Daniele Marconcini, responsabile di media e stampa per il Comitato, si è invece soffermato sui problemi che incontrano i discendenti italiani che arrivano nel nostro paese per richiedere la cittadinanza a cui va aggiunta una burocrazia non sempre efficiente e il riferimento è andato alle tempistiche e alle modalità per concedere le cittadinanze in modo chiaro e uniforme su tutto il territorio nazionale. Noemi Masotti, portavoce dell’Associazione Nazionale degli Ufficiali di Stato Civile e Anagrafe, ha suggerito l’opportunità di “rivedere le procedure anche a livello normativo per disciplinare la cittadinanza e la ripartizione delle competenze tra consolati e operatori comunali”.

Dopo un breve saluto da parte di Simone Billi, deputato della Lega e Presidente del Comitato per gli Italiani all’estero presso la Camera dei deputati, ha quindi concluso la tavola rotonda Fabio Porta, componente del Comitato, già deputato Pd nella Circoscrizione Estero, ripartizione ’America Meridionale. “La nostra idea è quella di fornire un impulso ad alcune realtà che avrebbero bisogno di risposte sicuramente più rapide rispetto a quelle offerte dalla politica, ossia dal mondo istituzionale in generale, e dalla burocrazia. Non vogliamo quindi sostituirci né al Parlamento né al Cgie o ad altri organismi; vogliamo soltanto dare un contributo per snellire certe procedure”, ha commentato Porta.

“E’ stato scelto un tema d’attualità e anche urgente: quello del rientro in Italia dei giovani italiani che vivono all’estero. Bisogna qui comprendere ovviamente anche quei ragazzi che sono nati all’estero e che fanno fatica a rientrare in Italia a causa delle normative. Il tema del rientro dei giovani italiani dall’estero ha una valenza politica, culturale e amministrativa. Siamo di fatto il Paese europeo più vecchio: quello con l’esigenza di rinnovarsi maggiormente proprio attraverso il richiamo delle nuove generazioni, ma siamo anche quello che paradossalmente pone più impedimenti ai giovani che arrivano dall’estero. Il cosiddetto decreto sicurezza è entrato a gamba tesa su questa materia, complicando la situazione: per esempio, per quanto riguarda la conoscenza linguistica nei riconoscimenti di cittadinanza attraverso il matrimonio. Anche il reddito di cittadinanza esclude una fetta importante di cittadini: gli italiani che hanno vissuto all’estero, lì dove si richiedono dieci anni di residenza in Italia”, ha concluso Porta ricordando come volta per volta le proposte che verranno dai tavoli organizzati dal Comitato 11 Ottobre saranno inviate agli interlocutori istituzionali competenti. (Simone Sperduto/Inform)