Il Corriere della Sera ritorna su Liberandisdòmini, romanzo sulla Calabria scritto dal giornalista, storico e nostro editorialista Pantaleone Sergi che racconta le vicende dell’immaginario paese di Mambrici tra il 1900 e il 1905. "C’è un passatempo per bambini in cui alcune tessere di carta, poste in sequenza una accanto all’altra, vanno a formare un paesaggio: una rocca, un monte, una chiesa…  commenta sulle colonne del prestigioso quotidiano di via Solferino Severino Colombo - Le tessere possono anche cambiare di posizione, quella che stava prima può essere messa dopo e viceversa, ma — l’aspetto affascinante è proprio questo — il paesaggio non smette di essere un continuum".

La stessa sensazione restituisce Liberandisdòmini, romanzo d’esordio di Pantaleone Sergi (Limbadi, Vibo Valentia, 1947) che racconta le vicende dell’immaginaria Mambrici, località della Calabria, tra il 1900 e il 1905: "Un mucchietto di case basse e malsane scansate dal progresso, tanto che il suo nome non c’era nemmeno sulla carta geografica", scrive Sergi. Un "paese senza storia" dove i fatti narrati — le rivalità, i litigi, le intese, le gioie, le relazioni sociali, le tresche, le tragedie: in una parola, la vita — sono specifici e insieme universali, potrebbero essere avvenuti (e raccontati) in un ordine diverso senza che il quadro d’insieme ne risultasse mutato.

Giornalista e storico Sergi, già inviato speciale de "la Repubblica", ha fondato il "Quotidiano della Calabria", è stato docente di Storia del giornalismo all’Università della Calabria, presiede l’Istituto calabrese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea dal anni editorialista del quotidiano per gli italiani nel mondo La Gente d’Italia. L’incipit del romanzo — pubblicato dal cosentino Luigi Pellegrini Editore (pagine 286, e 16,99) nella collana "Deluxe" che ha ospitato anche pagine di Franco Cordelli e Michele Prisco — offre un empatico ritratto del luogo: "Nel paese di Mambrici, retrovia molto distante dalla civiltà, in quell’anno del signore 1900 non era successo nulla di straordinario per trecentocinquantanove giorni e questo di per sé non era una grande novità".

Mambrici, si capisce subito, è un sorta di terra di mezzo tra la Macondo magica di Gabriel García Márquez e la Sicilia che riproduce séstessa del Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. L’immobilismo di Mambrici è anche l’escamotage usato da Sergi per alimentare una formidabile mobilità narrativa, perché sotto ogni parola scorre la linfa del racconto; e per creare e mettere in scena infinite storie: in un luogo dove succede poco o nulla allora anche il semplice, prevedibile cadere di una foglia vale una storia. Ne risulta un romanzo onnivoro che si alimenta, senza soluzione di continuità, di saperi e tradizioni locali, finzione, leggende e storia. Si seguono, incantati e curiosi, le vicende degli abitanti del borgo a partire dal dominus don Florindo, poi religiosi, dottori, briganti e contadini, donne virtuose e di facili costumi; e si rincorrono non soltanto i fatti degli umani, ma pure ciò che, fuori dall’ordinario, riguarda le cose (giare crepate), gli animali (cani randagi), gli eventi della natura (la montagna che si sveglia vulcano) e stranezze varie (come la nascita della bambina-scimmia).

Anche se Sergi nell’Avvertenza al lettore che apre il volume prende, per gioco,le distanze ("Questo romanzo era stato scritto tanto tempo fa non so da chi e diligentemente io l’ho copiato") a lui va riconosciuto un doppio merito: da una parte la profonda conoscenza della materia e del territorio che gli permette un racconto errabondo e rabdomantico senza perdere la rotta; e dall’altra una grande proprietà di linguaggio. La lingua risulta qui ricca di colori e sfumature; capace di restituire una "vitalità espressiva"; nella prosa di Sergi — verrebbe da dire nella parlata, tale è la capacità di dimostrarsi duttile e vibrante —ci si perde piacevolmente tenendo dietro ora al senso ora al suono. Sergi Pantaleone, "Liberandisdòmini" (Luigi Pellegrini Editore, pagine 286,euro 16,99).