L'iniziativa cinese di sviluppo infrastrutturale euro-asiatica Belt and Road (Bri) potrebbe contare anche l'Italia tra i suoi sostenitori già a partire dalle prossime settimane, malgrado i dubbi degli Stati Uniti che guardano con sospetto al maxi-progetto lanciato nel 2013 dal presidente cinese, Xi Jinping. L'Italia sarebbe il primo Paese del G7 a firmare un memorandum d'intesa con la Cina, forse già in occasione della visita del presidente Xi prevista dal 22 marzo ma ancora non annunciata ufficialmente da Pechino. "Il negoziato non è ancora concluso, ma è possibile che si chiuda in tempo per la visita", ha dichiarato il sottosegretario allo Sviluppo Economico, Michele Geraci, citato dal Financial Times. "Vogliamo assicurarci che i prodotti Made in Italy possano avere più successo in termini di volumi di export verso la Cina, che è il mercato a più rapida crescita al mondo".

Alle parole del sottosegretario allo Sviluppo Economico ha replicato il portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, Garrett Marquis, che ha chiesto ai partner e agli alleati, inclusa l'Italia, di esercitare pressioni su Pechino per il rispetto di standard internazionali e delle migliori pratiche negli investimenti all'estero. "Siamo scettici sul fatto che l'appoggio del governo italiano possa portare a benefici economici duraturi al popolo italiano, e potrebbe finire per danneggiare la reputazione globale dell'Italia nel lungo periodo". Le critiche di Washington sono state bollate come "davvero assurde" dal portavoce del Ministero egli Esteri di Pechino, Lu Kang, nel corso di una conferenza stampa. "Come grande Paese e grande economia, l'Italia sa dov'è il suo interesse e può fare politiche indipendenti", ha detto, senza confermare direttamente i negoziati in corso tra Pechino e Roma. "La Cina parla di prospettive e possibilità per gli altri Paesi nell'adesione a questa iniziativa", ha concluso il portavoce del governo cinese, "ma se questo sia stato fatto tra Cina e Italia, quando avremo informazioni a riguardo saremo lieti di rilasciarle".

L'iniziativa Belt and Road, sviluppo del progetto di una Nuova via della seta, conta oggi su 152 Paesi, 67 dei quali hanno aderito all'iniziativa nello scorso anno, secondo le ultime cifre diffuse da Pechino, ma è vista con diffidenza anche dell'Unione Europea, che nel 2017 ha annunciato nuove misure per lo screening degli investimenti stranieri per tutelare i propri interessi strategici. La possibile adesione dell'Italia al progetto infrastrutturale cinese è stata commentata anche da Bruxelles, che chiede coerenza. "Tutti gli Stati membri, individualmente e nell'ambito dei quadri di cooperazione subregionali come il formato 16+1, hanno la responsabilità di garantire la coerenza con le norme e le politiche del diritto dell'Ue e di rispettare l'unità dell'Unione Europea nell'attuazione delle politiche Ue", ha sottolineato un portavoce della Commissione Europea, ricordando anche che lo scorso ottobre l'Ue aveva adottato una nuova strategia per rafforzare la connettività tra Europa e Asia. La Bri è un programma controverso con cui la Cina sta investendo enormi capitali per costruire infrastrutture, specialmente in Asia e in Africa. Per i critici è un cavallo di Troia con cui Pechino punta a portare nella propria orbita decine di Paesi tramite prestiti, finanziamenti e il controllo diretto di infrastrutture come porti e stazioni di interscambio. In Europa finora hanno manifestato interesse Grecia e Portogallo mentre l'Ue, la Francia e la Germania hanno chiesto cautela sugli investimenti cinesi nel Vecchio Continente.