Giuseppe Conte è Presidente del Consiglio su indicazione del Movimento Cinque Stelle. Per cui il Premier, chiamato a risolvere la questione della Tav, dichiara di essere perplesso sulla fattibilità dell’opera e lascia intendere, con il chiaro intento di lisciare il pelo al partito che lo ha piazzato a Palazzo Chigi, che se fosse per lui il buco dell’Alta Velocità andrebbe tappato alla faccia dell’Unione europea, della Francia delle madamine torinesi e chi crede che lo sviluppo dipenda dalle infrastrutture.

Ma Giuseppe Conte continua a svolgere il ruolo di Presidente del Consiglio grazie al sostegno dato dalla Lega di Matteo Salvini al suo Governo. Se i leghisti, che nel frattempo hanno ribaltato i rapporti di forza con i grillini, si sfilassero, l’Esecutivo andrebbe a casa costringendo il Premier a riparare nel suo studio di avvocato. Per cui Conte, che giustamente considera la carica di Capo del Governo come uno di quei colpi di fortuna che capitano una sola volta nella vita, nel logico tentativo di non costringere la Lega a dare fuoco alle polveri evita di bocciare irrimediabilmente la Tav e lascia capire che al termine di un confronto con Ue, Francia e tutti gli esperti veri o fasulli che si occupano della vicenda, si potrebbe anche arrivare a varare l’opera debitamente riveduta e corretta secondo criteri ancora del tutto indefiniti.

Sul piano umano l’incertezza e l’ambiguità di Conte suscitano sicuramente un pizzico di solidarietà umana. Il suo affannoso barcamenarsi tra posizioni inconciliabili potrebbe addirittura provocare un moto di compassione nei suoi confronti. Sul piano politico, però, visto che in ballo c’è l’interesse del Paese e non la condizione umana di Conte a cui nessuno ha imposto con la forza di accettare la carica di Capo del Governo, diventa obbligatorio chiedersi quanto possa essere elevato il prezzo da pagare ad un Presidente del Consiglio così ondivago e inconcludente ma disperatamente intenzionato a conservare il più a lungo possibile la fortuna cadutagli inaspettatamente sulla testa.

La risposta è scontata. Il prezzo, fin troppo salato, è la paralisi della società italiana. Un prezzo che Conte fa pagare agli italiani per poter restare inchiodato a Palazzo Chigi per un altro tratto di legislatura. In politica capita spesso che l’ambizione di uno non coincida con le necessità di tanti. Ma in questo caso non si tratta neppure di ambizione. Solo di piccola meschinità!

ARTURO DIACONALE