È paradossale osservare che da una parte le aziende italiane non riescono a trovare personale qualificato e, dall'altra, individui che con le loro qualifiche non riescono a trovare lavoro. Pertanto si rileva un'assenza di coordinamento tra il sistema formativo e il tessuto aziendale. E allora, a volte, il problema non è la mancanza di lavoro, ma formare quelle competenze altamente qualificate che servono alle imprese. E ciò può avvenire soltanto rinnovando il dialogo sui percorsi di formazione, partendo dal presupposto che, per favorire l'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, è indispensabile che alta formazione e impresa avviino una concertazione forte, ripartendo dalla condivisione dei percorsi. In tale ambito l'Università può giocare un ruolo fondamentale.

Le università devono formare capitale umano per una migliore qualificazione dell'offerta di lavoro. Bisogna partire proprio dai piani di studio dei corsi di Laurea; infatti gli stessi dovrebbero essere elaborati tenendo conto delle specialità richieste dal mercato del lavoro, in modo da facilitare l'inserimento dei laureati nelle piccole e medie imprese. Invece di andare in tale direzione il governo ha pensato bene che ci volesse l'istituzione di una nuova figura professionale, al fine di poter incrociare domanda e offerta di lavoro: il "navigator". Le nuove figure professionali previste dal Reddito di cittadinanza saranno 3mila, e saranno assunte da Anpal servizi attraverso una valutazione dei titoli in possesso e un colloquio, quindi al di fuori di procedure concorsuali che abbiano evidenza pubblica, nessun concorso, nessuna prova scritta.

Il navigator, previsto nel decreto del Reddito di cittadinanza, aiuterà i destinatari di tale misura a trovare un lavoro. Il compito principale del navigator, o tutor del reddito di cittadinanza, è quello di orientare il disoccupato dalla presa in carico nei Centri per l'impiego fino a quando non avrà trovato un'occupazione. Proprio il navigator cercherà di indirizzare le esperienze professionali del disoccupato verso le richieste di professionalità provenienti dalle aziende. Come precedentemente evidenziato, il problema non è quello di creare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, ma di formare quelle figure professionali che richiedono le imprese. Pertanto, prima si sviluppano le figure professionali che servono alle imprese e poi si mettono in pratica politiche che consentono l'incontro tra la domanda e l'offerta di lavoro. Se alle imprese le figure immesse nel mercato del lavoro non interessano, non sarà certamente il navigator a convincere le imprese a effettuare assunzioni.

Il lavoro, purtroppo, non si crea per decreto. Spesso si sente dire che lo Stato deve creare occupazione tramite l'introduzione di politiche di bilancio, ma l'esperienza ci insegna che l'intervento discrezionale dello Stato, a volte, non realizza un effetto strutturale e duraturo di decremento della disoccupazione, ma lascia sul terreno debito pubblico e inflazione. Sarebbe auspicabile, invece, che lo Stato incentivasse quelle imprese che investono in R&S, al fine di generare innovazione tecnologica in grado di produrre prodotti di qualità a costi competitivi, e riducesse la spesa pubblica improduttiva in modo da diminuire progressivamente l'imposizione fiscale.

Alessandro Morselli