Un percorso a tappe, concentrato su cinque aree tematiche, da sviluppare nei prossimi mesi per giungere a dei testi che il governo predisporrà una volta raccolti i contributi dei cittadini e degli stakeholder del settore. Questo, nelle intenzioni dei promotori, saranno gli Stati generali dell'editoria, inaugurati ieri nella sala Polifunzionale della presidenza del Consiglio dei ministri.

Ad aprire i lavori il premier Giuseppe Conte e il sottosegretario all'Editoria, Vito Crimi, che hanno illustrato l'iniziativa. "L'informazione è un settore delicato per la democrazia – ha esordito il presidente Conte – e per questo c'è la necessità comune di condividere i suggerimenti per cercare di approntare una riforma di sistema di cui si parla da anni. Sarà un percorso impegnativo, articolato, ma inclusivo. Tutte gli operatori del settore sono chiamati a scrivere delle proposte in modo da offrire al governo agio di poter intervenite nell'interesse della collettività. Molti i temi che saranno interessati dalla riflessione: dalla tutela delle fonti, all'equo compenso, alle querele pretestuose, sempre nel rispetto del bilanciamento dei valori costituzionali".

Il lavoro si svilupperà in cinque tappe: l'acquisizione delle proposte; degli incontri pubblici specifici per ogni categoria; il dibattito sulle proposte; la sintesi e la valutazione politica dei contributi; delle proposte di legge da presentare a settembre 2019. Cinque anche le macroaree di intervento: informazione primaria; giornalisti e altri operatori; editoria; mercato; cittadini.

"L'appuntamento di oggi – ha detto il sottosegretario Crimi – è solo il motorino di avviamento. Il governo vuole tendere la mano ad un settore in crisi dopo che ci sono state delle 'spigolosità' tra il governo e l'informazione. Vogliamo guardare al futuro, superare lo stallo, avviare un percorso che porti a soluzioni condivise. Assicuro che tutti avranno spazio per poter dare il proprio contributo. Non solo i soliti soggetti, ma anche altri, così da avere una visione più ampia. Oggi ci sono nuove professioni, nuovi strumenti di disintermediazione e informazione. Occorre riflettere sul ruolo dell'informazione professionale e giungere ad una riforma a 360 gradi con il cittadino al centro. Il nostro obiettivo è sostenere il pluralismo non le singole testate".

Sul sito del Dipartimento per l'editoria sarà presente una sezione dedicata agli Stati generali denominata 'Editoria per i cittadini', ha quindi anticipato Ferruccio Sepe, capo del Dipartimento, aprendo la tavola rotonda seguita all'introduzione a cui hanno preso parte il segretario generale Fnsi, Raffaele Lorusso; il presidente Fieg, Andrea Riffeser Monti; il presidente Cnog, Carlo Verna; Francesco Saverio Vetere, segretario generale Uspi; Marco Giovanelli, presidente Anso; Giovanna Maggioni, direttore generale Upa.

"Quattro – secondo il presidente della Fieg – i temi che proporremo di approfondire: lavoro, distribuzione, pirateria, pubblicità. Sul fronte del lavoro occorre proseguire con il meccanismo delle assunzioni legate ai prepensionamenti, così da far entrare i giovani nelle redazioni. In materia di distribuzione abbiamo stipulato un accordo con l'Anci per dare sostegno alle edicole, per abbassare il costo del suolo pubblico, per far evolvere i chioschi e renderli dei punti di accesso a una serie di servizi al cittadino. È poi necessario mettere mano ai regolamenti delle rassegne stampa e contrastare la diffusione illegale dei contenuti coperti da copyright. Siamo a favore della riforma della direttiva europea, anche perché in questo modo si possono assegnare parte dei proventi ai giornalisti. Se ci fossero più persone a lavorare, la qualità del prodotto sarebbe ancora più alta di adesso e questo porterebbe le vendite a crescere e gli inserzionisti a investire sull'informazione".

Per il segretario Lorusso, che ha auspicato una discussione profonda che porti alla riforma profonda che questo settore necessita, "in questo Paese dobbiamo tornare a parlare di lavoro, anche e soprattutto nel settore dell'editoria. Tema che manca dall'agenda politica. Alle uscite per pensionamento anticipato, che hanno richiesto un impegno notevole alla finanza pubblica (dal 2014 al 2018 114 milioni stanziati), nulla è corrisposto sul piano del sostegno all'occupazione e della lotta al precariato. Oggi il modo più facile di aggirare il contratto di lavoro è quello di applicare i contratti di collaborazione coordinata e continuativa. Abbiamo più volte chiesto a governo e parlamento di abolirli, ma ogni volta che è stato presentato un emendamento in questo senso è stato bocciato. L'abuso dei cococo testimonia che il lavoro c'è, ma è occupazione non garantita, senza tutele. Di quale qualità dell'informazione e della democrazia vogliamo parlare se non c'è qualità nei diritti, qualità del lavoro? Riflettiamo poi su un principio deleterio che è quello della disintermediazione. Togliere di mezzo i corpi intermedi significa ridurre la democrazia a chiacchiere in rete. La democrazia presuppone informazione di qualità e quindi lavoro di qualità". Fra gli altri temi toccati dal segretario della Fnsi, l'esigenza di norme antitrust, sul conflitto di interessi e sulla raccolta pubblicitaria.

"Questo settore – ha concluso Lorusso – non si può rimettere in carreggiata senza un ampio intervento pubblico, come successo per tanti altri settori. Al contrario abbiamo assistito al taglio all'editoria, che finirà per colpire il pluralismo e le voci delle diversità, il lavoro e l'occupazione. Serve poi intervenire per legge per superare le querele bavaglio. Affrontare il nodo delle agenzie di stampa e dell'informazione primaria. Alzare l'asticella delle regole per accedere, rivedere i criteri, ma prevedere i contributi. Questo è un settore per cui non sono previste procedure di infrazione per sostegno pubblico: è evidente che l'Europa sa che l'informazione è la base della democrazia".

Infine il copyright: "Con i nostri organismi internazionali stiamo sostenendo la riforma perché in queste ore si sta facendo disinformazione sul tema. Noi riteniamo che chi utilizza il lavoro altrui debba pagarlo. Chi fa raccolta pubblicitaria e commercio di dati è necessario che paghi per i profitti che realizza. Altrimenti tra non molto ci ritroveremo qui a parlare di qualcosa che non ci sarà più. Ovvero l'informazione libera".

Per il presidente dell'Ordine dei giornalisti, Carlo Verna, "i giornalisti sono ogni giorno sotto attacco, in Italia e all'estero. Per questo servono tutele per i colleghi. Bisogna fare molta attenzione ai cambiamenti da introdurre, fra i quali deve rientrare un intervento sulle querele temerarie, che stanno diventando uno strumento di minaccia ai cronisti. E chiediamo di ripristinare il finanziamento alla piccola editoria, a tutela delle voci del pluralismo. Infine sulla riforma dell'Ordine: stiamo lavorando, partendo dalla consapevolezza che i tempi sono cambiati e che l'aspetto della formazione è sempre più essenziale. Il giornalista è e deve essere sempre più quel soggetto che opera all'interno di un quadro di regole al servizio della collettività".

Sul ruolo dello Stato nel settore dell'editoria si è soffermato il segretario generale dell'Uspi, Vetere, che ha evidenziato come "per tutelare un editore puro è imprescindibile l'intervento dello Stato, in special modo in momento di crisi come questo. Può essere utile in questo senso riprendere l'idea della legge 416: pensare un programma temporaneo di sostegno e poi liberalizzare il settore dell'editoria piccola e media. Con l'obiettivo di proteggere aziende e lavoratori".

Giovanna Maggioni, direttore generale degli Utenti pubblicità associati (Upa), ha focalizzato l'attenzione su come è cambiato il mercato pubblicitario in questi 10 anni: "Solo nel 2018 si è tornati ai livelli del 2008, anno della grande crisi, ma in questo lasso di tempo il panorama è stato rivoluzionato dall'entrata degli over the top come Google e Facebook e a breve di Amazon. Fare pubblicità oggi è anche saper gestire i dati. In questa ottica rinnovata due sono i temi centrali per chi investe in pubblicità: uno è quello della qualità dei mezzi su cui si fa pubblicità, che è bene rispettino il codice di autodisciplina pubblicitaria. Il secondo è quello della trasparenza su cui bisogna ragionare per tutelare chi investe in pubblicità".