Dopo un braccio di ferro durato circa tre anni, nell'assemblea di Strasburgo si è formata una maggioranza favorevole alle nuove norme, sebbene ci fossero state varie modifiche alla bozza iniziale, che prevedeva obblighi ancora più stringenti per i colossi. Ora questi ultimi dovranno pagare per poter condividere sulle loro piattaforme i contenuti creativi di natura giornalistica, musicale, artistica, eccetera, e dovranno riconoscere una adeguata remunerazione a chi li produce.

L'industria delle opere dell'ingegno creativo certamente ne trarrà giovamento in termini economici, ma bisognerà capire nel concreto come sarà applicata questa direttiva e come reagiranno ora motori di ricerca, piattaforme social e altri soggetti chiamati a mettersi in regola. Essi dovranno negoziare direttamente con i singoli editori l'entità della remunerazione e non è difficile ipotizzare che gli accordi terranno conto del differente grado di notorietà e prestigio dei siti sorgente e dei singoli autori delle opere. Anche per condividere testi brevi di articoli pubblicati dai giornali on line Google, Facebook, Amazon e gli altri Over the top dovranno versare un contributo. Ciò potrebbe danneggiare i produttori e gli editori più piccoli e meno conosciuti, ma è solo sul campo che si potrà capire l'eventuale impatto di tale misura.

Il secondo punto più controverso della direttiva è l'applicazione di filtri in Rete per impedire le violazioni del diritto d'autore. In pratica, se un utente dovesse scaricare illegalmente un contenuto da una piattaforma, le colpe ricadranno su quest'ultima, che sarà obbligata dalle nuove norme a impedire preventivamente che la violazione avvenga. Il rischio, in questo caso, è che i filtri approntati dai colossi della Rete possano limitare la libertà d'espressione e convertirsi in strumenti di censura di contenuti scomodi e non solo di opere protette dal diritto d'autore.

La partita a livello europeo può dirsi chiusa, ma se ne aprirà un'altra nei singoli Stati nazionali, che dovranno recepire il testo della direttiva. Le leggi nazionali di recepimento potranno essere più o meno flessibili e ciò rischia di creare difformità di applicazione dei contenuti della direttiva stessa. In Italia, ad esempio, Lega e Cinque Stelle hanno attualmente i numeri in Parlamento per emanare una legge di esecuzione più permissiva e così hanno già dichiarato di voler fare. Dunque in alcuni Stati ci sarà vita più facile per i titolari delle piattaforme web mentre in altri Stati ad essi verrà dato filo da torcere. Altro che mercato unico digitale europeo.

RUBEN RAZZANTE