Trovato, scoperto. Che cosa? Il tesoro di Giancarlo Galan, sessantadue anni, governatore del Veneto dal 1995 al 2010. Ministro dei Beni Culturali e dell’Agricoltura all’epoca del Governo Berlusconi. Un esponente di Forza Italia, l’ex governatore che con le tangenti del Mose ne ha combinate più di Carlo in Francia. Case comprate a Dubai e quant’altro, un botto da 12,3 milioni di euro, lui e i suoi compari. Tangenti milionarie che l’hanno arricchito, posto che non lo fosse già prima con eventuali precedenti imbrogli posti in essere durante il lungo governo della Regione Veneto. Quindici anni tondi. Il tesoro di Galan ha compiuto il giro del mondo, Svizzera, Panama, Bahamas, poi finto in un conto acceso presso una banca di Zagrabia, in Croazia. Dodici virgola tre milioni messi sotto sequestro dalla Polizia economico finanziario di Venezia.
Su ordine del gip, nel quadro dell’indagine per riciclaggio internazionale ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria riguardante l’elenco delle tangenti incassate dall’ex presidente della Regione Veneto. L’indagine coinvolge sei persone; due, entrambi commercialisti di Padova nel ruolo di prestanomi. Grazie ai bizantinismi dei professionisti padovani e dei loro referenti svizzeri, il tesoro di Galan spariva nei vari paradisi fiscali. Un flusso di denaro imponente, più di 250 milioni di euro di capitali esportati dai commercialisti, ora indagati, e da numerosi imprenditori italiani che hanno beneficiato dello scudo fiscale. Dove sarebbero confluiti - secondo i pm veneziani - anche parte delle tangenti intascate da Galan per costruire l’opera destinata a proteggere la Laguna di Venezia. Quei quindici milioni occultati dai commercialisti Cristian e Guido Penso dello studio Venuti, a sua volta commercialista personale di Galan.
Anche Alessandra Farina, insegnante, moglie del titolare dello studio, è indagata. Avrebbe realizzato investimenti per cifre dieci volte superiori ai suoi stipendi. Galan ha patteggiato, ma rispetto al tesoro delle tangenti ha sempre sostenuto di non aver intascato un euro. Di tutt’altro parere è il pm Stefano Ancilotto, titolare con il collega Stefano Bucchi del fascicolo sul Mose. Ancilotto non ha mai smesso di seguire il percorso dei soldi provenienti dal giro di tangenti che ha sconvolto la Laguna di Venezia. Ne ha seguito le tracce, arrivando al sequestro di 12,3 milioni e scoperto il giro criminale dello studio commercialistico padovano. Nel registro degli indagati sono presenti che due professionisti svizzeri. Filippo San Martino e Bruno de Boccard avrebbero tentato di occultare il denaro. Il provvedimento riguarda il reinvestimento all’estero dei proventi della corruzione, tra il 2008 e il 2015, accertato attraverso indagini tecniche. I due commercialisti padovani avevano garantito l’intestazione fiduciaria di quote di una società veneziana riconducibile a Galan che avrebbe messo a disposizione conti correnti in Svizzera intestati a società di Panama e delle Bahamas, gestiti da fiduciari svizzeri. Le somme sono state trasferite su un conto corrente presso una banca di Zagabria. L’esecuzione di una rogativa in Svizzera ha consentito di accertare che il ricorso dell’intersposizione di società offshore era stato utilizzato dai professionisti esteri su larga scala, e in maniera professionale, per consentire agli imprenditori di riciclare: ma cosa? Le ingenti somme provenienti dall’evasione fiscale realizzata nel tempo. Le perquisizioni negli uffici di una finanziaria svizzera hanno portato al sequestro di un elenco di nomi di numerose società italiane. Tutte beneficiarie di capitali derivanti dal nero, ingenti somme fatte transitare sui conti intestati a società olandesi, svizzere, rumene, di Panama, Curacao, Bahamas. Una roba da mal di testa solo a leggerle queste cose. Intrighi maledetti, neri. Un conto è stato aperto attraverso il famigerato
studio Mossack Fonseca, presenza molto chiacchierata nell’ambito di “Panama Papers”. A capo di giri incredibili, le somme rientravano poi nella disponibilità degli imprenditori italiani che le hanno utilizzate come? In investimenti di natura immobiliare: appartamenti di lusso a Dubai e fabbricati industriali in Veneto. A corredo del maxi sequestro da 13,2 milioni, gli altri sono in corso. Riguardano le disponibilità finanziarie detenute presso banche venete: due imprese e quote di società, quattordici immobili in Veneto e in Sardegna. Intrighi nazionali e internazionali, ne vedremo sicuramente delle belle. Ancora altre, a breve scadenza. Il Mose per affondare nella melma, non nella Laguna.

Franco Esposito