L'Ocse lancia l'allarme sul reddito di cittadinanza. "Il reddito di cittadinanza introdotto di recente rappresenta un trasferimento di risorse importante verso le persone in condizioni di povertà - sostiene l'organizzazione nel rapporto sull'occupazione diffuso oggi -. Tuttavia, il livello attuale del sussidio è elevato rispetto ai redditi mediani italiani e relativamente a strumenti simili negli altri paesi Ocse". Per l'organizzazione "la sua messa in opera dovrà essere monitorata attentamente per assicurare che i beneficiari siano accompagnati verso adeguate opportunità di lavoro".

Quanto al sistema italiano di servizi pubblici per l'impiego "manca di personale qualificato - sostiene l'Ocse - di strumenti informatici e di risorse adeguate e, per queste ragioni, la qualità dei servizi è bassa e varia notevolmente attraverso il paese. Oltre ad ulteriori risorse, occorre migliorare il coordinamento tra le autorità centrali e quelle regionali responsabili dell'implementazione delle politiche attive, anche attraverso linee guida comuni per un miglioramento dei servizi per l’impiego''. In Italia, sottolinea ancora l'organizzazione, i posti di lavoro ad alto rischio di automazione sono appena al di sopra della media Ocse: sono al 15,2% contro il 14% nell'area. Un altro 35,5%, rileva l'organizzazione internazionale con sede a Parigi, ''potrebbe subire sostanziali cambiamenti nel modo in cui vengono svolti; questi posti di lavoro rimarranno ma con mansioni molto diverse da quelle attuali''. E sulla quota di lavoratori sotto occupati in Italia "è più che raddoppiata dal 2006, ed è ora la più alta tra i paesi Ocse'' rileva ancora l'organizzazione.

La quota di lavoro temporaneo, si spiega, ''è superiore alla media Ocse ed è cresciuta notevolmente nell'ultimo decennio'' mentre i contratti a tempo determinato si collocano al 15,4% del lavoro dipendente contro una media nell'area Ocse dell'11,2%; quelli a tempo parziale breve (1-19 ore settimanali) al 15,2% del lavoro dipendente contro una media Ocse al 15,9%. Le regole e istituzioni del mercato del lavoro svolgono un ruolo importante nel proteggere i lavoratori, ma molti di coloro che hanno contratti 'atipici' (non a tempo indeterminato), spiega l'Ocse, ''spesso hanno protezioni solo parziali. Le tutele dei lavoratori atipici possono essere rafforzate estendendo alcuni diritti anche a chi sta nella zona grigia tra lavoro autonomo e lavoro dipendente, compresi molti lavoratori delle piattaforme digitali". Per l'Ocse "il sistema italiano di formazione permanente non è attrezzato per le sfide future. Solo il 20,1% degli adulti in Italia ha partecipato a programmi di formazione professionale nell'anno precedente la rilevazione''.

Solo il 60% delle imprese, con almeno 10 dipendenti, osserva l'organizzazione internazionale, offre formazione continua ai propri dipendenti, contro una media europea Ocse del 75,2%. Inoltre, sottolinea l'Ocse, ''c'è un grande divario (circa 38 punti percentuali) nell'accesso alla formazione professionale tra lavoratori ad alta e bassa qualifica, appena al di sotto della media Ocse (39,3 punti percentuali)''.

La contrattazione collettiva può integrare le politiche pubbliche nel campo della formazione. Nel 2016, ad esempio, rileva l'Ocse, i sindacati del settore metalmeccanico in Italia hanno negoziato aumenti salariali inferiori alle attese in cambio di formazione per tutti i lavoratori, indipendentemente dall'azienda per cui lavorano. Tuttavia, l'attuazione di questa parte dell'accordo rimane ancora limitata per difficoltà pratiche di implementazione.