Per quanto bruciava agli europei ammetterlo, all’inizio dell’Ottocento, Stamboul - che in Occidente si continuò a chiamare con il nome “cristiano” di Costantinopoli - era la città più importante e sofisticata del mondo allora comunemente conosciuto. Mentre a Roma si ciondolava ancora tra le romantiche rovine della Città Imperiale che fu, i turchi benestanti sperimentavano l’alta moda e il “layered look” con tessuti pregiati in cui ogni strato segnalava il genere, stato civile, rango, religione e clan d’appartenenza. I turbanti maschili erano in ogni senso fantastici.

L’immagine ritrae la “Sultana”, la sorella del “Gran Turco”, all’epoca Mahmud II. Il disegno fa parte della raccolta digitale della New York Public Library e fa parte di un albo di figurine - soprattutto di ufficiali della Corte del Sultano—creato all’incirca tra il 1808 e il 1826 con l'evidente intento di catturare i dettagli dei costumi turchi correnti. L’albo, passato poi nella collezione dello Zar Alessandro III di Russia, contiene 85 acquarelli, ognuno più splendido dell’altro. Particolarmente spettacolari sono le divise dei Giannizzeri, la “nuova milizia”, fanteria personale (e “Guardia pretoriana” politicamente pericolosa) del Sultano.

Consigliamo specialmente la visione della tavola 40, che raffigura un Giannizzero al servizio degli ambasciatori europei alla Sublime Porta mentre fuma una pipa lunga un metro e mezzo. Il corpo militare, di lealtà problematica, fu finalmente sciolto nel 1826 - proprio da Mahmud II - con lo sterminio sistematico all’Ippodromo di Stamboul di circa 30mila dei suoi effettivi. L’evento fu ricordato dalla storiografia ottomana come il "Vaka-i Hayriye” - letteralmente, “incidente di buon auspicio”… Non valevano granché in battaglia, ma visti in giro per la città erano magnifici.

James Hansen