Mia suocera conosceva molti detti e proverbi, che usava spesso per descrivere situazioni che l’attorniavano. Tra questi detti, ricordo oggi uno in particolare: "C’é chi sta peggio". La frase mi viene in mente perché in settimana sono stato per questioni universitarie prima a Buenos Aires e poi a San Paolo. Nelle due cittá mancavo dalla fine dello scorso anno, e rivederle mi ha colpito con forza.. In pochi mesi si sono degradate in forma notevole. A Buenos Aires molti negozi hanno chiuso, i tassisti esprimono ai clienti il malcontento per i problemi economici ogni volta piú pressanti, la farmacia dove sempre vado per fare rifornimento di prodotti da bagno, che mi incarica mia moglie, e dove prima dovevo fare la fila, oggi é vuota e cinque addetti mi chiedono con premura e tranquillitá cosa desidero.

Ma ció che piú mi sorprende a Buenos Aires é il fatto che sono andato a pranzo e cena a due ristoranti noti della Avenida Corrientes, ed in entrambe occasioni sono entrati bambini per chiedere da mangiare. In nessun caso il padrone li ha mandati via a mani vuote. Col loro sacchetto di alimento, ringraziavano educatamente ed uscivano in silenzio. Chiedo all’amico che mi ha invitato, cosa sta succedendo. Cerca di spiegarmelo, ma non riesco a capire. Hanno scelto un presidente che credevano li redimesse da un passato corrotto e complesso, ed ora non credono piú a questo presidente. Ma neanche credono al sistema politico di prima. Insomma, ho la sensazione che sono passati "dalla padella alla brace" - per ricordare un altro detto di mia suocera - e non sanno quale sará la loro scelta nelle prossime votazioni. Ma qualsiasi essa sia, sanno che nessuno dei futuri eletti meriterá la loro fiducia.

L’altro ieri - giovedí - vado a San Paolo per un convegno sulla previdenza sociale. Arrivo all’aeroporto di Guarulhos e mi aspetta un macchina. Un chilometro dopo aver lasciato l’aeroporto, vedo una costruzione modernissima: é la stazione del treno che porta da Guarulhos al centro di San Paolo, ma dal finestrino vero che la stazione è vuota. Mi chiedo come é stata possibile costruire una stazione di un treno "aeroporto-centro" a un chilometro di distanza dall’aeroporto. Non immagino passeggeri uscire dal Terminal e camminare a piedi un chilometro, per prendere il treno. Bisogna inoltre attraversare una autostrada ad alta velocitá. Ve lo immaginate voi, schivare le auto a cento all’ora con la valigia e il trolley? L’autista mi dice che quella stazione é il simbolo della corruzione imperante in Brasile. Il convegno, come dicevo prima, era sulla previdenza sociale. E lí il problema é veramente complesso, difficile da quantificare. Pensionati che superano gli ottant’anni, malati veri o immaginari, persone che vanno in pensione a 49 anni, piú del 30 per cento di giovani disoccupati da assistere. Il sistema sta cadendo a pezzi e nessuno ha ricette adeguate per risolverlo.

Il presidente brasiliano parla di una riforma previdenziale, di tagli, di ritiri ritardati, ma di un piano concreto per riorganizzare la previdenza sociale nessuno ne parla. Una collega, che ricopre la carica importante di Procuratore Federale in materia di sicurezza sociale mi dice qualcosa che mi sorprende: la previdenza sociale ormai é oggetto di preoccupazione penale, perché la criminalitá organizzata ha capito che vi é piú denaro nei sistemi di sicurezza sociale pubblici, che nella droga e nella prostituzione. Pertanto questa criminalità sta atterrando sulle istituzioni previdenziali per vedere como ricavarne denaro con falsi rischi e prestazioni vere. Il primo passo é il sistema della sanitá. Anche qui mi ripetono quello che ho giá sentito giorni prima a Buenos Aires. Il nuovo presidente, votato perché si pensava che avrebbe risolto tutti i problemi, non pare all’altezza. Ma coloro che lo hanno votato, nemmeno vogliono votare il partito precedente. Alcuni amici son persone prestigiose e intelligenti, di cui sono amico da tempo e mi confessano la loro terribile delusione. La democrazia é in crisi, una crisi senza precedenti. Né la sinistra, né la destra dimostrano avere ricette che portino sollievo al malgoverno.

"Abbiamo addirittura perso l’illusione - mi dice un amico - che il voto al candidato dell’opposizione, risolvesse i problemi del governo che avevamo. Siamo nello stesso pantano di prima. È questo il danno piú grave alla democrazie". Torno a Montevideo, che nel bene e nel male, mi pare molto distante dalle situazioni che ho visto e vissuto nelle due cittá piú importanti dell’America Latina. Adesso so cosa risponderó a chi mi critica la situazione attuale del paese. Ripeteró le parole di mia suocera: "C’é chi sta peggio!".

JUAN RASO