Nessuna sorpresa, ma grande preoccupazione sì. Viviamo con questo stato d’animo la decisione di alcune associazioni di non partecipare più ai bandi per l’accoglienza. Quando Medici Senza Frontiere ha iniziato a fornire assistenza ai migranti e richiedenti asilo nelle strutture italiane, circa 10 anni fa, lo ha fatto per colmare alcune delle enormi disfunzionalità e lacune nel sistema di accoglienza e con l’ambizione di promuovere miglioramenti nella cura dei migranti e richiedenti asilo. Nonostante l’aumento delle strutture rispetto al crescere degli arrivi, la qualità dei servizi è rimasta largamente inadeguata. Queste lacune venivano giustificate in nome della scarsa preparazione del sistema di fronte a un fenomeno relativamente nuovo e in seguito in nome di un numero di arrivi superiore alle capacità e risorse esistenti.

Oggi crediamo che lo smantellamento attuale del sistema di accoglienza rischi di aggravare ulteriormente le vulnerabilità della popolazione migrante. E con un numero di nuovi arrivi pressoché irrisorio, la scarsa e inadeguata risposta del sistema di accoglienza è il risultato di una chiara volontà politica che converte una risposta emergenziale in un’altra deliberatamente carente e nociva per la salute fisica e mentale di migliaia di migranti e richiedenti asilo. In base alla nostra esperienza di poco più di due anni in 32 centri nella provincia di Trapani, i cosiddetti CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria), possiamo testimoniare come una gran parte dei circa 1.200 migranti cui abbiamo fornito assistenza psicologica hanno visto la loro salute mentale negativamente condizionata dal sistema d’accoglienza, dall’incertezza e arbitrarietà legata al processo d’asilo, oltre che dall’isolamento e dalla mancanza di integrazione.

Circa il 60% di queste persone avevano vissuto traumi, violenze o persino tortura nei loro Paesi d’origine o in Libia, eppure per la metà di loro erano le condizioni precarie di vita in Italia ad avere aumentato i loro sintomi di ansia, depressione e a riattivare traumi preesistenti. Nonostante il lavoro dei nostri psicologi, che ha permesso di alleviare alcuni sintomi, la condizione permanente di incertezza e precarietà provocava la continuazione del disagio e del malessere dei nostri pazienti. Da anni collaboriamo con le autorità nazionali evidenziando queste lacune e l’impatto negativo di questa forma emergenziale di accoglienza, chiedendo che le vittime di violenza e i sopravvissuti alla tortura possano venire adeguatamente identificati e riabilitati, che i richiedenti asilo possano vivere in condizioni dignitose e possano accedere a cure mediche e psicologiche di qualità.

Eppure, in totale contro tendenza rispetto a queste semplici raccomandazioni mediche e di buon senso, oggi ci troviamo di fronte a nuove norme che dinanzi a numeri molto inferiori e gestibili convertono il modello dei centri d’accoglienza straordinaria nell’unica opzione possibile per i richiedenti asilo, peggiorano le condizioni di accoglienza, riducono le possibilità di integrazione e tagliano servizi fondamentali, come le cure psicologiche per le vittime di violenza e i sopravvissuti alla tortura. Le norme contenute nella prima legge in materia di sicurezza del governo italiano, che stanno cominciando a tradursi in direttive, bandi, misure concrete emesse dalle prefetture, rischiano di avere un peso enorme sulla salute di individui che si trovano sempre più esclusi, discriminati, isolati.

Davanti a questa situazione sorgono spontanee alcune domande urgenti. Come è possibile che il sistema di accoglienza decida deliberatamente di escludere, discriminare, tagliare risorse in nome di una presunta priorità di bisogni tra persone migranti e popolazione locale? Perché l’aiuto viene erogato non in funzione dei bisogni delle persone ma in base alle categorie legali spesso attribuite in modo arbitrario? Cosa bisogna fare quando i bisogni di base delle persone vengono messi in discussione in nome di ragionamenti o calcoli politici? In qualità di medici, possiamo solo continuare a denunciare con forza il divisivo e falso argomento di una priorità di bisogni e ribadire come la salute e la dignità non dovrebbero essere beni esclusivi di un gruppo piuttosto che di un altro. Come l’accesso alle cure dovrebbe essere un diritto indipendentemente dal dibattito e dalle opinioni politiche. E continuare a supportare e a stare dalla parte di tutti quegli individui, migranti, professionisti, volontari, organizzazioni, medici, assistenti sociali, sindaci che nonostante la direzione nefasta presa da certe politiche nazionali lottano ogni giorno per cercare di rispondere alla sofferenza e al bisogno degli ultimi.

ANNE GARELLA

CAPOMISSIONE DI MEDICI SENZA FRONTIERE IN ITALIA