Estate 2015. Rafa Benitez, dopo due anni sulla panchina del Napoli (un terzo e un quinto posto), si lasciò incantare dalle sirene madrilene del Real, dove aveva cominciato ad allenare le giovanili vent’anni prima, e piantò Castelvolturno. Andò a Madrid, prendendo il posto di Ancelotti sulla panchina dei galacticos, ma durò 18 partite, esonerato a gennaio e sostituito con Zidane. Fatti suoi. De Laurentiis, da più di dieci anni nel calcio e ormai padrone di ogni situazione, fece il giro degli allenatori per trovare il successore di Benitez. Pensò a Jurgen Klopp che stava facendo faville al Borussia Dortmund. Poi valutò l’opportunità di avere un altro tecnico spagnolo e pensò a Unai Emery che stava esaltando le stagioni del Siviglia. Infine, più concretamente, si fermò su Sinisa Mihajlovic che stava alla Sampdoria. Lo mollò quando, rivedendo il tecnico serbo, questi lo accusò di "essere sparito per due settimane". Aurelio non gradì il rilievo e prese Sarri.

"La mia scelta fu osteggiata da tutti a Napoli" ricorda il presidente. "Quando abbiamo perso ad Empoli 2-4, pensai che Sarri fosse l‘allenatore giusto per il Napoli". Felice intuizione, smantellata in tre anni dalla "incompatibilità di carattere" fra i due. Di Sarri, De Laurentiis disse all’inizio: "È un professore, legge molto ed è intelligente. Può restare al Napoli cinque anni". Dopo tre, DeLa corresse il suo giudizio: "Sarri è un comunista legato al danaro". Il 30 aprile 2015, cinque giornate alla fine del campionato, il Napoli di Benitez fu dissolto dall’Empoli di Sarri. Al 2-4 incassato dagli azzurri contribuì anche un autogol di Albiol. Testardo, maniacale, un po’ ruvido, fumatore accanito e implacabile martellatore in allenamento, pensando e studiando calcio notte e giorno, Sarri giunto alla terza stagione della "grande bellezza" col Napoli, "la squadra più sexy d’Europa" secondo la definizione del quotidiano sportivo francese "L’Equipe", fallì l’assalto finale alla Juventus di Allegri. Zero tituli e De Laurentiis, dopo un indecente tira e molla, lasciò che il comunista Sarri si legasse al denaro dell’oligarca russo Abramovich, 6,4 milioni lordi di euro all’anno al Chelsea dopo l’1,4 netti al Napoli. In realtà, De Laurentiis non sopportava più Sarri, e viceversa. Divorzio con qualche straccio volante.

Per un allenatore di 59 anni, giunto nel calcio che conta a 53, dopo avere battuto la periferia del pallone italiano per più di vent’anni, il Chelsea è stato un approdo di prima grandezza. Ma il Chelsea era la "squadra giusta" per Sarri dopo gli anni di Napoli? È lo stesso interrogativo di questi giorni: la Juventus è la "squadra giusta" per il tecnico tosco-bagnolese? Sarri non è riuscito a far giocare il Chelsea come avrebbe voluto. Il Sarriball non s’è mai visto in Inghilterra. Il Chelsea ha vinto l’Europa League e si è qualificato per la prossima Champions giocando da… Chelsea. La "mano" di Sarri è rimasta invisibile. La Juventus non è diversa dal Chelsea. Nel senso che la Juve, come il Chelsea, è composta da giocatori compiuti e da campioni affermati con un loro percorso già segnato e perciò difficilmente "addomesticabili". Si piegheranno agli insegnamenti maniacali di Sarri? Cambieranno il modo di giocare che, nella Juventus, ha un solo dogma, vincere non è importante, è l’unica cosa che conta? La Juventus ha scommesso su Sarri e Sarri ha scommesso su se stesso alla Juventus. Chi rischia di più?

Il prossimo sarà un campionato tutto nuovo con la girandola degli allenatori e un calciomercato più vivace delle prime squadre, ma la curiosità più interessante riguarda la Juventus di Sarri. Sarà sarriana o andrà per conto suo, forte del notevole patrimonio tecnico, e Sarri l‘accompagnerà arrendendosi come a Londra? Che cosa pretende la Juve da Sarri? Non regge la favola secondo cui la squadra vincente vuole essere anche "bella". La "bellezza" del Napoli è irripetibile per la disponibilità assoluta e la completa adesione dei malleabili giocatori azzurri conquistati dal maestro. Alla Juve, il ciclo di Allegri, cinque scudetti di fila dopo i tre di Conte, si è concluso perché il tecnico livornese aveva chiesto una "rifondazione" della squadra, ormai usurata da anni di predominio e limitatamente galvanizzata dall’arrivo di Cristiano Ronaldo. La società non era d’accordo. Non volendo "cambiare" la squadra, Andrea Agnelli ha "cambiato" l‘allenatore. Cinque anni, poi, avevano forse esaurito la spinta di Allegri.

Si è chiusa una lunga e formidabile stagione bianconera e Sarri è chiamato a raccogliere e a continuare la striscia assolutamente vincente. Vincere cambiando il modo di giocare della squadra sembra molto complicato. Sarà protetto dalla società come fece Berlusconi difendendo il primo Sacchi che partì male? Il Cavaliere disse alla squadra: "Arrigo resta, voi non so". È probabile che, in Inghilterra, Sarri avrebbe avuto più fortuna a "imporre" il suo gioco se fosse andato al Tottenham o all’Arsenal, squadre più "giovani" mentalmente. La Juve è un rischio altissimo per Maurizio Sarri aggiungendoci l’eterna spada di Damocle di vincere la Champions. Perché Sarri? Antonio Conte garantiva la sua ferocia dedizione e l’ancora più feroce juventinità. Allegri aveva comunque vinto uno scudetto col Milan. Sarri alla Juve è una scommessa della Juve, ma senza i vantaggi ambientali e delle ridotte ambizioni che accompagnarono la scommessa che fece De Laurentiis. C’è da chiedersi se Sarri tornerà un po’ cambiato dall’esperienza al Chelsea. Se cioè avrà capito che cosa significa allenare una grande squadra senza volerla piegare ai suoi dogmi. E come funzionerà l‘intesa con Cristiano Ronaldo che Allegri "sottomise" alla tattica di squadra? Staremo a vedere. Se la Juve continuerà a vincere e giocherà "alla Sarri" sarà un altro dei misteri gaudiosi del pallone.

Mimmo Carratelli