Concorsi truccati, tre rettori indagati. Sessantasei docenti coinvolti. Lo scandalo in sedici università, da Catania a Milano. Il marcio dovunque, basta scoperchiare il pentolone. Un autentico merdaio all’italiana: erano i candidati a dettare le regole dei bandi. Rettori e docenti stavano a guardare, interessati ad aspetti secondari. Però primari ai fini dei loro sporchi interessi. Il Magnifico rettore dell’Università di Catania, Francesco Basile, medico, ora è sospeso dall’incarico. Due le inchieste per false abilitazioni e corruzioni. Decisive nel 2017 le rivelazioni di un ricercatore inglese a Giurisprudenza. Oltre quaranta i procedimenti giudiziari. Le misure cautelari, dodici, sono scattate lo scorso gennaio. Riguardano i bandi di concorso a medicina. A Roma è in corso un processo per corruzione e concussione a carico del rettore dell’Università di Tor Vergata, Giuseppe Novelli.

A Catania il nuovo rettore chiede al predecessore: "Hai bonificato l’ufficio?". Traduzione: hai fatto togliere le cimici di polizia dalla stanza in cui si sta insediando? Il nuovo rettore è consapevole della presenza di un sistema paramafioso da tenere in vita e che una procura, quella di Catania, ne conosce da tempo l’esistenza. Francesco Basile, chirurgo, pone il quesito a Giacomo Pignataro, economista. Storia e cronaca richiedono una data. Eccola, 2 febbraio 2016. Basile e Pignataro sono ora indagati per associazione a delinquere con finalità di corruzione, truffa aggravata, falsità ideologica. La Procura aveva chiesto per entrambi gli arresti domiciliari. Negati. Come pure lo stesso provvedimento restrittivo a carico di altri otto vertici di facoltà. Il rettore Basile è sospeso però nelle sue funzioni. Intanto, si è messo male per sessantasei docenti universitari. Quarantaquattro a Catania, ventidue insegnano nei più prestigiosi atenei italiani.

Milano, Cà Foscari di Venezia, Verona, Padova, Bologna, Napoli, la Sissa di Trieste, Firenze, la Cattolica a Roma, Roma Tre, Chieti-Pescara, Catanzaro, Messina, Cagliari. Tra gli indagati anche il rettore della Sapienza, Eugenio Gaudio, e quello dell’Humanitas di Rozzano, Marco Montorsi. Un’inchiesta lunga ventuno mesi. Indagati anche due medici. È emerso che il sistema clientelare taroccava tutto. La Digos ha contato novantasette prove profilate. Coinvolti gli ultimi tre rettori, un pro rettore, sie direttori di dipartimento, il preside di medicina dell’Università di Catania. La cupola rettoriale catanese truccava innanzitutto l’elezione del Magnifico Rettore. Ma sapete come? Con un sistema antidiluviano, sperimentato per primo da un famoso mafioso e scoperto nel momento in cui Bernardo Provenzano venne catturato. I pizzini distribuiti a tutti gli elettori, anche agli studenti, con l’obbligo di rispettare gli ordini di scuderia.

"Anche per il cda abbiamo votato con i pizzini", rivelerà l’ex direttore di scienze politiche, Giuseppe Barone. Riuscita l’impresa di far assegnare al figlio il ruolo alla facoltà di Economia. Gli investigatori non hanno trovato un solo concorso regolare. Non uno. L’incarico che stava andando secondo merito è stato letteralmente stoppato dal rettore in carica. Bandi per professori ordinari o associati, chiamate dirette, prove per ricercatori, dottorati, assegni di ricerca: tutto predestinato, deciso a tavolino. Un esempio: l’indossatore del concorso di sartoria veniva convocato dal rettore Basile, gli veniva spiegato quali titoli dovesse presentare, quali sarebbero stati i punteggi attribuiti. In alcuni casi, il candidato era così potente da poter dire al Magnifico come doveva essere realizzato il concorso. Era la prassi, la consuetudine, non il caso o l’eccezione. "Dobbiamo soggiacere al potere", si giustificava al telefono il rettore-chirurgo. Agli amici spiegava perché non era importante che in facoltà arrivassero i migliori. "L’Università nasce su una base cittadina abbastanza ristretta, un’èlite culturale, finora sono sempre state quelle famiglie…".

Nel 2018, a gennaio, è diventata associata a Scienze biologiche Velia Maria Lucia D’Agata, figlia dell’ex procuratore Enzo. Qualora qualcuno decideva di presentarsi in antitesi al prescelto veniva pubblicamente umiliato. La candidatura era ritirata. Un eventuale ricorso al Tar comportava ritorsioni. "Vediamo chi sono questi stronzi che dobbiamo schiacciare…", la voce intercettata è quella del professore Barone. "Hanno pestato la merda, ora se la piangano". All’Università di Catania la convocazione dei commissari per gli esami in linea rappresentava l’occasione per inventare inesistenti convegni, pagamenti di spese di viaggio e invio di mazzi di fiori. I docenti mantenuti e coccolati per falsificare. Il Miur promette ora di costituirsi parte civile. Ma il rettore Basile ha negato ogni appuntamento al sottosegretario Fieramonti. Non intende spiegare il caso Scirè, pioniere delle ingiustizie dell’Università di Catania. L’indagine è partita dal direttore generale Lucio Maggio, defenestrato. L’ex dg racconta. "Nel nostro ateneo tutto costava quattro volte rispetto alla norma. Bidelli, vigilantes, cantieri. Proprio tutto". Serve altro, gente?

FE