Sei settimane di lavoro intenso per il Parlamento, prima di chiudere i battenti per le ferie estive che di norma scattano dopo la prima decade di agosto. Esattamente 29 giorni, contando anche i venerdì quando solitamente i parlamentari non lavorano. Sarà, come sempre, un tour de force per arrivare ad approvare tutti i provvedimenti in calendario, in primis il decreto sicurezza bis, varato dal Consiglio dei ministri lo scorso 11 giugno e che quindi va convertito in legge entro e non oltre il 10 agosto, proprio a ridosso degli ultimi giorni di lavoro delle Camere. Alla normale attività del Parlamento, tuttavia, si aggiunge anche quella del governo, con scadenze non strettamente collegate ai lavori d'aula, ma che comunque potrebbero avere ricadute sul timing delle due assemblee. È il caso ad esempio dell'anticipo della manovra, richiesta avanzata dal ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ma anche del dossier sull'Autonomia differenziata, che sarà al centro di un nuovo vertice tra il premier Giuseppe Conte, i due vicepremier e i ministri competenti. O, ancora, è il caso della vicenda Autostrade e Alitalia. Sempre che la situazione politica non precipiti e si vada ad elezioni anticipate. Ma anche le possibili finestre per un voto in autunno si vanno via via esaurendo: per votare l'8 settembre si dovrebbero sciogliere le Camere nella prima settimana di luglio. Per votare il 15 di settembre lo scioglimento dovrebbe avvenire nella seconda settimana di luglio. E ancora, per votare il 22 settembre il decreto di scioglimento dovrebbe essere firmato la terza settimana di luglio e per votare il 29 settembre si dovrebbero sciogliere le Camere entro il 31 luglio. Se le elezioni avvenissero entro il 22 settembre, ci sarebbe tempo, seppure in modo assai rapido, di insediare il nuovo governo (sempre che dalle urne esca un risultato chiaro) in grado di varare la manovra 2020 entro le date previste. Partendo dai provvedimenti all'esame di Camera e Senato, alla luce del numero di proposte calendarizzate per l'Aula, deputati e sentori saranno chiamati a ritmi incalzanti per evitare ingolfamenti. L'Assemblea di Montecitorio sarà impegnata da lunedì 15 luglio con l'esame del decreto sicurezza bis. Già da martedì 16 inizieranno le votazioni. Non è escluso che, come già accaduto con il primo decreto sicurezza voluto da Matteo Salvini, anche sul secondo provvedimento il governo possa porre la fiducia per velocizzare i tempi e, soprattutto, evitare possibili incidenti di percorso, visti i malumori interni ai 5 stelle - seppur ridimensionati dopo la fuoriuscita e l'espulsione di diversi tra i dissidenti pentastellati (ultima la decisione riguardante la senatrice Paola Nugnes) - e i numeri 'risicati' al Senato.

IL SALARIO MINIMO E RIFORME COSTITUZIONALI Altro provvedimento 'sensibile' per gli equilibri interni di maggioranza e governo è quello sul salario minimo, all'esame del Senato e che l'Aula di palazzo Madama inizierà a votare da martedì 23 luglio, sempre che sia terminato l'iter in commissione Lavoro. Il salario minimo è tra i provvedimenti bandiera dei 5 stelle, ma la Lega ha sin dall'inizio posto pesanti paletti, anche attraverso alcuni emendamenti che miravano a modificare pesantemente il testo, poi tutti ritirati il giorno stesso del via libera in Consiglio dei ministri del decreto Salvini. Sempre al Senato inizierà il 'secondo round' delle riforme costituzionali targate M5s: riduzione del numero dei parlamentari e referendum propositivo torneranno in Aula nella settimana tra il 9 e l'11 luglio, sempre se le commissioni competenti avranno terminato i lavori. Anche la Camera sarà impegnata con una riforma costituzionale, ma si tratta della prima lettura: il ddl M5s-Pd sul voto ai diciottenni per l'elezione del Senato approderà in Aula il 22 luglio. Il cammino verso il via libera finale, però, è ancora lungo. A partire da oggi un altro tema caldo è rappresentato dalle votazioni sulla proposta di legge di modifica del codice penale sull'ingiusta detenzione e le possibili azioni disciplinari nei confronti dei magistrati. Non meno controversa la proroga delle missioni internazionali: l'Assemblea di Montecitorio sempre da domani sarà chiamata ad esprimersi sulle risoluzioni elaborate in base alle relazioni predisposte dalle commissioni Esteri e Difesa.

MIBAC, ACQUA PUBBLICA E CODICE DELLA STRADA A fine luglio, poi, un altro decreto dovrebbe impegnare il Parlamento: si tratta delle nuove norme su settore audiovisivo, fondazioni liriche e fondi al Mibac. Il decreto dovrebbe essere approvato dal Consiglio dei ministri in tempi stretti e approdare in Aula alla Camera il 29 luglio. Attesa da tempo ma vittima di diversi rinvii, la riforma del codice della strada sarà all'attenzione dell'Assemblea di Montecitorio il 15 luglio, per poi passare - difficile prima della pausa estiva - all'esame del Senato. Il 22 luglio la Camera inizierà l'esame del ddl sul contrasto alla violenza nelle manifestazioni sportive. Il 24 luglio il premier Giuseppe Conte risponderà al question time alla Camera. Infine, altro provvedimento in stand by da mesi e che potrebbe finalmente arrivare in Aula a fine mese è la questione cara ai 5 stelle della gestione pubblica dell'acqua. Ferma in commissione Ambiente a causa delle divisioni interne ai gialloverdi - la Lega non vede di buon occhio alcuni punti fondanti della legge, come lo stop delle concessioni in essere che potrebbe comportare una serie di ricorsi e un costo aggiuntivo per le casse dello Stato - la proposta di legge era stata già calendarizzata nei mesi scorsi per poi subire quattro rinvii. Infine, a metà luglio Camera e Senato dovranno votare per l'elezione dei componenti dell'Autorità garante per la privacy e dell'Agcom, votazione rinviata a causa del mancato accordo sui nomi in seno alla maggioranza.

LE QUESTIONI ECONOMICHE Per quel che riguarda invece i dossier di competenza governativa, anche in questo caso le scadenze sono diverse e a ridosso delle ferie estive: innanzitutto c'è il capitolo nomine e il possibile avvio della procedura di infrazione per debito eccessivo nei confronti dell'Italia da parte della Commissione Ue. La decisione finale spetta all'Ecofin del 9 luglio. Una volta varato l'assestamento di Bilancio, il cui termine è scaduto il 30 giugno ma non è perentorio, il Consiglio dei ministri dovrà iniziare ad affrontare il dossier manovra, tanto piu' dopo il pressing di Salvini per anticiparla in estate, citando il precedente Tremonti nel 2008. A settembre, alla ripresa dell'attività dopo la pausa estiva, ad attendere il governo ci sarà la Nota di aggiornamento al Def, che va presentata alle Camere entro il 27. Il Documento programmatico di Bilancio, ovvero l'ossatura della manovra, va invece inviato alla Commissione Ue entro il 15 ottobre, mentre la Legge di Bilancio vera e propria deve essere presentata alle Camere entro il 20 ottobre. Più ravvicinate le scadenze di altri dossier, che non vedono l'unanimità di vedute e posizioni all'interno del governo, con i due alleati che si fronteggiano per 'accaparrarsi' i risparmi derivanti da reddito di cittadinanza e quota 100. Salvini vorrebbe indirizzare quelle risorse sulla flat tax, mentre Luigi Di Maio vorrebbe utilizzare i risparmi per il salario minimo, tra i provvedimenti bandiera dei pentastellati. Da un primo progetto, secondo il quale la misura sarebbe costata 30 miliardi, ora Salvini ha parlato di un costo tra i 10 e i 15 miliardi, ma manca ancora un testo scritto nero su bianco. Proprio su questo insiste Di Maio, che non si oppone alla misura ma ha più volte sollecitato l'alleato a fornire le carte.

RIFORMA DELLA GIUSTIZIA E INFRASTRUTTURE Ieri, da Bruxelles, Conte ha assicurato che la flat tax si farà. Altro nodo da sciogliere la riforma della giustizia, di cui si sta occupando il Guardasigilli Alfonso Bonafede ma rivendicata anche dalla Lega (il dossier e' stato affidato alla ministra Giulia Bongiorno, ma l'intesa tra alleati non sembra vicina e molto probabilmente se ne riparlerà a settembre). Nessuna scadenza temporale ma solo un rinnovato pressing leghista è al centro del travagliato percorso dell'Autonomia differenziata: mercoledì nuovo round a palazzo Chigi, con un vertice tra Conte, i due vicepremier e ministri e sottosegretari competenti. Il nodo resta sempre quello del ruolo del Parlamento: M5s vuole che le Camere siano protagoniste e possano intervenire sul testo delle intese siglate tra esecutivo e regioni Lombardia, Veneto e Emilia Romagna, anche modificandole. Di tutt'altro avviso la Lega, che punta a sottoporre alle Camere un testo 'blindato' e inemendabile. Altro capitolo delicato per gli equilibri interni all'esecutivo quello relativo alle infrastrutture: appena approvato in via definitiva lo Sblocca cantieri, resta tuttavia ancora irrisolto il nodo Tav. La Lega, galvanizzata dal risultato delle regionali in Piemonte, è tornata alla carica sulla necessità di realizzare l'opera, mentre i 5 stelle restano contrari. Intanto, dopo l'avvio dei bandi per la parte francese, sono la scorsa settimana partiti anche quelli relativi alla parte di competenza italiana, anche se i pentastellati hanno precisato che sono revocabili in qualsiasi momento. È atteso l'incontro tra Conte e il presidente francese Macron per capire come si evolverà la situazione.

AUTOSTRADE E ILVA Sempre legata al capitolo infrastrutture è la vicenda Autostrade. A poco meno di un mese dal primo triste anniversario del crollo del Ponte Morandi, i 5 stelle sono determinati a revocare le concessioni ad Atlantia, forti del recente dossier del Mit che avvalora la tesi secondo cui lo Stato non dovrebbe pagare penali in quanto Atlantia è inadempiente sul fronte manutenzione. Più prudente la linea leghista. Il tema è strettamente connesso a un altro dossier, quello su Alitalia, che ha una scadenza ravvicinata: entro il 15 luglio, infatti, dovrà essere presentata l'offerta vincolante per la compagnia di bandiera. Di Maio vorrebbe l'ingresso del Tesoro, la Lega non si opporrebbe a una presenza forte di Atlantia. Lo scorso 25 giugno si è svolto un vertice di governo, conclusosi con un nulla di fatto. Infine, altra scadenza rovente per il governo è quella sull'ex Ilva. entro il 6 settembre il governo dovrà cercare una soluzione per evitare la chiusura definitiva dell'acciaieria di Taranto. Una sessantina di giorni per scongiurare la chiusura e salvare i posti di lavoro. Serve un accordo tra esecutivo e ArcelorMittal prima del 6 settembre, data in cui, come prevede l'appena convertito in legge decreto crescita, per i responsabili dello stabilimento non varrà più l'immunità per la violazione delle disposizioni a tutela della salute e della sicurezza sul lavoro. Norma duramente contestata da ArcelorMittal, che ritiene impossibile risolvere i problemi ambientali dell'ex Ilva, fino al completamento del Piano ambientale, senza l'immunità. In mancanza di novità, ha spiegato Gert Van Poelvoorde, amministratore delegato del ramo europeo di ArcelorMittal, si andrà incontro alla chiusura dell'acciaieria. Anche in questo caso si registrano divergenze tra Lega e 5 stelle, già emerse durante l'esame alla Camera del decreto, e che avevano rischiato di comprometterne l'approvazione. Se infatti da una parte i 5 stelle con il Guardasigilli Bonafede ribadiscono che per l'ex Ilva non ci sarà l'impunità penale, per la Lega con il sottosegretario Giancarlo Giorgetti, il governo dovrebbe mantenere un impegno assunto in sede di negoziazione con i nuovi proprietari dell'Ilva.