Il Sarri esibitosi nei giorni scorsi nella conferenza stampa di presentazione alla Juve è un’altra persona. Soggiogata dal padrone. Verrebbe di dire: ‘allineata e coperta’. Proprio come i benpensanti pretendevano dovesse essere quando è stato qui. Compunto, rispettoso, alla fine banale. Stupisce la critica, per le assunte modalità di comunicazione, rivoltagli da coloro i quali lo avevano sempre giudicato, quando era al Napoli, comunicatore grossolano, dallo stile ‘cafone’. Oggi ha offerto una efficacissima lezione del perfetto comunicatore ‘professionale’, di quella sedicente ‘professionalità’ predicata da chi professa la cultura dell’individualismo sfrenato. Persino in una prospettiva protestante, calvinista, la professione non dovrebbe necessariamente lasciarsi piegare dal dio danaro, dal successo ad ogni costo, dall’ambizione senza dignità. Delle due l’una: o mente adesso, o ha mentito durante tutta la sua vita, e segnatamente negli anni napoletani. Le due rappresentazioni della persona sono radicalmente opposte. Sono più propenso a credere che stia mentendo adesso.

Sembra finto, costruito.

Una sola cosa è vera fra le tante menzogne distribuite in stile perbenista, giacca e cravatta: quando ha riferito che la responsabilità del suo allontanamento dal Napoli era di entrambi. Per parte sua, era stato troppo a lungo titubante - ha riconosciuto - perché aveva dubbi sulla conclusione di un ciclo, sulla possibilità di ripetersi. Mi risulta. Anche perché - aggiungo io - AdL non gli aveva dato le necessarie assicurazioni sulle risorse da impiegare per mantenere la competitività della squadra dopo il dispendioso triennio. Ma a quel punto entrò in gioco l’altro e fu tolto dall’imbarazzo - così ha dichiarato - giacché, mentre si stava ancora chiedendo se rimanere o no, venne preso in contropiede dall’annuncio di Ancelotti. Anche questo mi risulta. Nessuno può credere che l’accordo con Ancelotti sia stato trovato in 48 ore. Con ogni evidenza, era stato preparato nei mesi precedenti. Se AdL avesse voluto veramente trattenere Sarri, avrebbe fatto diversamente. Dunque, entrambi corresponsabili. Al di là di questa, tutto il resto sono state menzogne, una dietro l’altra. Ripeto: o abbiamo sbagliato a credergli quando era qui, o crediamo a quello che è adesso. O ci ha manipolati ieri, o è bugiardo oggi. E tuttavia, nemmeno è rilevante se ai fatti e alle dichiarazioni di allora effettivamente corrispondessero i suoi sentimenti. Se pure Sarri avesse avuto un retropensiero, avesse inteso strumentalizzare la situazione, ciò non varrebbe a svuotare di significato il ragionamento. Perché i fatti sono oggettivamente quelli, anche a prescindere dall’autenticità di Sarri. Per il resto, il potere si è espresso nuovamente in tutta la sua potenza di fuoco, mettendo Sarri nelle mani di giornalisti all’improvviso servili, che gli hanno posto solo domande ‘comode’. Nessuno gli ha chiesto, ad esempio, cosa vuol dire che "a Firenze abbiamo perso in albergo", se è vero che la Juventus abbia ricevuto a suo favore, in maniera pressoché costante, decisioni arbitrali indiscutibilmente illegittime, se il campionato perduto dal suo Napoli sia stato o no condizionato da quelle decisioni. Ora, potrà dire pure che l’espressione "assalto al palazzo" fosse equivalente a scudetto: ma allora perché ha adoperato quel lessico? Potrà anche sostenere che il "sarrismo" non è stata una sua invenzione: ma allora perché non ha espresso il suo diverso avviso sul fatto che la Treccani avesse inserito il lemma nel dizionario della lingua italiana? La verità è che in allora gli piaceva assai ed era autentico. Perché tutto ciò, dopo tanti sacrifici, lo faceva sentire se stesso finalmente affermato per quello che era. Penso che, com’è nella sua missione, l’Istituto Treccani non abbia fatto altro che prendere atto di un fenomeno obiettivo. È fortemente sospetta di opposta militanza ideologica la fonte da cui perviene l’affermazione secondo cui il fenomeno sarebbe invenzione di una certa intellighenzia di sinistra, oppure opera della fervida fantasia partenopea! Fino agli anni di Napoli, oggettivamente Sarri non è stato solo un fenomeno calcistico. Oggi si è fatto irretire dalle seduzioni del potere. Niente di nuovo. Peccato. Sono comprensibili la delusione e l’amarezza. Aveva fatto sognare nuovamente chi crede in alcuni valori da molti in disuso: la dignità, l’autenticità, l’uguaglianza, la necessità di battersi contro il despota, il ripudio del perbenismo, del carrierismo. Che si può essere fedeli a questi valori e coerenti nello spendere la propria vita battendosi per essi. L’epilogo sembra confermare il cinismo della società capitalistica. Quello ben espresso dal detto "tutti hanno un prezzo". Ma non è così. Non tutti ce l’hanno. Abbiamo creduto, non infondatamente, che Sarri incarnasse un novello simbolo di quei valori. Ha rinunciato a diventare un mito. Libero di farlo. Per un piatto di lenticchie, è tornato ad essere soltanto un allenatore. Bravissimo, ma un ‘qualunque’ allenatore. Che allena oggi la squadra tiranna. Perciò un nemico. I napoletani, e tutti quelli che sognano un mondo libero dal giogo del potere arbitrario, lo giudicano male per quello che è diventato. Ma non dimenticheranno quello che ha comunque oggettivamente rappresentato. E che sarà per sempre. Perché trascende l’uomo, rendendo del tutto irrilevante persino la sua eventuale malafede.