Per molti uruguaiani l’Italia ha rappresentato una terra di sogni e opportunità. Tante altre volte però si è trasformata in un incubo e una tortura. È il caso delle tantissime uruguaiane vittime della tratta di persona sfruttate e finite sulle strade italiane per prostituirsi. Martedì pomeriggio, in occasione della giornata mondiale contro il traffico di esseri umani, a Montevideo è accaduto qualcosa di storico con la prima manifestazione organizzata per denunciare una problematica ancora abbastanza invisibile. Promotrice dell’iniziativa, Sandra Ferrini porta addosso ancora oggi i segni di un calvario durato quasi quarant’anni di cui la metà passati in Italia, a Milano. "Non so se sono ancora viva" confessa a Gente d’Italia al termine della manifestazione in un’intervista molto dura che accende i ricordi drammatici di una vita rubata e rovinata.

"Sono stata venduta per la prima volta da mia madre a un vicino quando avevo solo 8 anni. Mi rapirono da piccola, non ero capace di capire. Poi sono stata venduta altre volte, mi costrinsero ripetutamente a prostituirmi. Mi portarono in diversi paesi, prima in Argentina e poi in Europa. In Spagna dovevo restare solo 6 mesi ma mi ingannarono. A Milano facevo 3 turni: la mattina il pomeriggio e la sera. Stavo in diversi posti tra cui Piazzale Loreto, Cimitero maggiore, via Principe Umberto. Provai a scappare tante volte ma alla fine mi riprendevano sempre. Iniziai a partecipare alle attività del centro sociale Leoncavallo e pensavo che un giorno sarei potuta tornare a essere libera. Nonostante tutta la sofferenza che ho provato, io amo molto l’Italia che considero la mia casa e dove un giorno vorrei essere seppellita".

Un incidente automobilistico e l’aiuto di un uruguaiano sono state le cause che hanno contribuito a togliere Sandra dai suoi aguzzini come racconta aggiungendo un ulteriore macabro particolare alla sua vicenda: "Un giorno feci un grave incidente e mi ricoverarono al San Raffaele. Insieme ad altre due ragazze, un infermiere dell’ospedale ci violentò e noi lo andammo anche a denunciare. Io ero in sedia a rotelle e correvo il rischio di restare paralizzata per sempre. Ai trafficanti non servivo più per questo mi abbandonarono una sera a Cusano nel mezzo di una campagna. Mi venne a salvare un uomo che poi si prese cura di me assistendomi durante diversi mesi. Scelsi di tornare in Uruguay nel 2011 per stare vicino ai miei familiari e cercare di aiutare chi vive questa situazione".

Felice per il risultato ottenuto dalla prima manifestazione nel suo paese, Ferrini avverte che in Uruguay c’è ancora tanto da fare per sensibilizzare la società su un problema che riguarda ancora oggi tante ragazze sfruttate nel silenzio generale. "Gli interessi economici restano sempre molto forti e la corruzione dilaga tra le forze dell’ordine. Tante persone oggi continuano ad essere ingannate e portate in Europa per prostituirsi. Lo Stato deve fare di più aiutando veramente le vittime. Il nostro auspicio è che questa iniziativa possa servire per dare maggiore visibilità e fare in modo che le ragazze trovino il coraggio di denunciare. Rispetto a prima oggi i tempi sono cambiati e basta procurarsi un telefono e per fare una chiamata che può cambiare la vita".

Matteo Forciniti