Caro Direttore, Salvini e il figlio al mare, Milano Marittima per la precisione. Salvini papà e ministro lo si vede in un video mentre saluta calorosamente e amichevolmente agenti della Polizia accanto alla loro moto d’acqua con i colori e le insegne del Corpo. Sono tutti in spiaggia, Salvini papà si complimenta con gli agenti, questi sono contenti dei complimenti e della familiarità che il ministro sta loro mostrando. Tutto in regola, una regolare sequenza di autorità in vacanza al mare. L’atmosfera e la familiarità sono così rilassate ed estese che Salvini papà si distrae dal Salvini ministro (lo ammetterà lui stesso più tardi scusandosi dell’accaduto). E quindi Salvini papà acconsente o addirittura consiglia (quale delle due nel video non si vede) a Salvini figlio un gioioso giro in mare sulla moto d’acqua della Polizia.

Salvini figlio è un adolescente, non si può chiedere a un ragazzo la percezione che il figlio di un ministro (ma anche il figlio di chiunque) non si fa un giro sulla moto (auto o qualunque mezzo della Polizia) per vedere l’effetto che fa. Questa percezione dovrebbero avercela eccome gli agenti della Polizia presenti su quella spiaggia. Dovrebbe essere per loro naturale e ovvio che non si fa. Ma siamo in Italia, è estate, c’è il signor ministro…un attimino, che vuoi che sia. Il senso dello Stato e della cosa pubblica? Cosa? Fin qui è ancora tutto in fondo regolare: fuor dalla retorica ufficiale nella concretezza della azioni da sempre (non c’era bisogno di aspettare Salvini) quando c’è il signor ministro è uso mettersi a disposizione. Comunque a disposizione. Per gentilezza, per efficienza professionale, per ossequio, per zelo. Talvolta, molte volte, ossequio e zelo eccessivi. Anzi, non eccessivi. Normali, normali alla sola condizione di sviluppare entrambi con l’additivo del servilismo.

Ancora tutto in fondo regolare: gli agenti di Polizia che incarrozzano il figlio del ministro sulla moto d’acqua di servizio non stanno facendo nulla di eccezionale in Italia. In Italia si fa così, si fa una gentilezza al ministro, ci si mette a disposizione… Fin qui non c’è in fondo scandalo, così va il mondo dalle parti nostre, indignarsi è una recita. Fin qui…nel durante però i poliziotti presenti, almeno due di loro, vanno oltre, molto oltre. Sbagliano missione, mettono in atto (probabilmente senza rendersene neanche conto) una missione prepotenza. Missione che ne fa in quei frangenti non agenti di Stato a giusta protezione del ministro ma body guard privati del capo e della famiglia illustre e potente. Avvicinano chi sta legittimamente realizzando il video , inventandosi una inesistente legalità, gli ordinano di smettere. "O l’abbassi o te la levamo, te l’abbiamo detto tre volte…".

"Non si può riprendere una moto d’acqua della Polizia di Stato". "Puoi riprendere quella…". E indicano quella ferma sulla spiaggia e vuota. L’altra no, quella in mare no. "Non puoi riprendere perché a bordo c’è un collega". Alla domanda chi sia quello in moto dietro il collega la risposta è "Nessuno, è solo". Non è una risposta, è un’intimidazione. Inventano i poliziotti una privacy che non esiste. Intimano, ordinano, si qualificano come poliziotti ma agiscono in base ad una legalità inventata. Non volendo una verità, la sola verità, la dicono: "Se riprendi ci metti in difficoltà tutti quanti". In difficoltà? Sì, perché lo sanno i poliziotti che il giro di divertimento del figlio del ministro insomma… Ma per loro diventa problema non se si fa ma se si sa. Quindi la missione è impedire si filmi e si sappia. Missione prepotente da body guard, non da agenti di Polizia di Stato. È questo il peggio accaduto su quella spiaggia, non lo sfizio soddisfatto del figlio del ministro che in fondo è poca cosa, ma gli agenti di polizia che si sono sentiti in dovere e missione di copertura e cancellazione dell’accaduto. Anche a suon di bugie e prepotenze. Pessima cosa.

Lucio Fero