È stato necessario incendiare nel 1999 il tunnel del Monte Bianco, è stato necessario incendiare una centralina, ubicata sull’asse ferroviario ad alta velocità nei pressi di Firenze, in cui erano ubicati cavi tecnologici per la trasmissione dei dati sulla sicurezza dei treni, per far capire in passato a tanti critici delle cosiddette "grandi opere" ed ora al professor Marco Ponti e al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli, soprattutto uno sciopero nazionale nei trasporti (non succedeva da 17 anni) essenzialmente dovuto ad una totale mancanza di politica del settore imputata allo stesso Toninelli, che l’analisi costi benefici deve tener conto di tanti fattori che, nel caso di una rete infrastrutturale, richiedono almeno due riferimenti chiave: la rilevanza della ridondanza della offerta e la forte interconnessione ed interdipendenza di un singolo segmento, di un singolo punto con la intera griglia infrastrutturale.

In merito alla ridondanza della offerta appare chiaro che disporre di più assi paralleli, stradali e ferroviari, significa superare, in tempi certi e brevi, ogni crisi del sistema e, soprattutto, significa poter canalizzare i vari flussi di traffico per tipologia e caratteristica funzionale (merci e passeggeri, lunga, media e corta distanza). In merito alla interdipendenza tra un determinato punto della rete e l’intero sistema, in più occasioni ho ricordato che tra il sistema dei trasporti e i fenomeni tellurici c’è una particolare similitudine: l’evento tellurico in un punto genera fenomeni disastrosi in punti molto distanti, addirittura superiore ai 100-200 km, così nel campo trasportistico un blocco in una stazione o in un particolare segmento della rete mette in crisi l’intera griglia ferroviaria di un intero sistema Paese. Queste due peculiarità difficilmente possono essere prese in considerazione in un’analisi costi benefici. Ritenere ad esempio un inutile doppione dell’esistente asse ferroviario il nuovo tunnel Torino-Lione, indipendentemente dalle caratteristiche completamente inadeguate dell’attuale asse, significa non tener conto dell’enorme vantaggio che il sistema trasportistico su ferro della Unione Europea viene ad avere proprio grazie ad una simile ridondanza della offerta.

Altrettanto appare difficile misurare questo potenziale rischio di crisi di un punto della rete e, soprattutto, è difficile misurare gli inconvenienti generati da un simile evento specialmente quando la rete è vicina a soglie di saturazione. È cioè utilizzata in modo efficiente. Il blocco di ieri, causato dall’incendio di tre pozzetti di una centralina tecnologica vitale per il traffico ferroviario vicino alla stazione di Rovezzano, ha bloccato il flusso dei treni creando ritardi medi di 180 minuti con punte di 240 e 280 minuti; sono stati cancellati 42 convogli dell’Alta Velocità, sia di Trenitalia che di Italo, e sono restati a terra circa quarantamila passeggeri, un danno economico stimabile, solo per le imprese ferroviarie e per il gestore della rete, pari a circa 2 milioni di euro, senza contare i danni per gli utenti. Questo approccio forse è troppo tecnico e più congeniale agli addetti ai lavori, vorrei allora esprimere delle semplici considerazioni sul folle ed assurdo odio nei confronti delle opere essenziali per la funzionalità di un Paese industrialmente avanzato come il nostro, nei confronti, in particolare, della rete ferroviaria ad alta velocità ed è sconcertante che, a distanza di sole 24 ore, ci siano stati due atti eversivi, uno in Val di Susa l’altro in un nodo chiave del Paese quello nei pressi di Firenze, e mi chiedo anche quale sia il brodo in cui trovano motivo di crescere e di proliferare simili assurdi comportamenti.

Purtroppo la risposta è immediata: l’ambiente è da ricercarsi in coloro che da sempre hanno supportato i contrari alle "grandi opere", i contrari al sistema ferroviario ad Alta Velocità. L’esasperato attacco fatto a tre segmenti fondamentali della rete ad alta velocità e cioè la tratta Torino-Lione, la tratta Genova-Milano (Terzo Valico dei Giovi) e la tratta Brescia-Verona-Vicenza-Padova da parte dell’attuale Governo ed in particolare dal ministro Toninelli è solo sconcertate; un attacco che ha poi portato ad una conclusione ridicola esplosa nelle ultime interviste rilasciate dal Professor Ponti in cui lo stesso ribadisce: "Toninelli è come Graziano Delrio e il Pd, la mia analisi mai applicata, usata solo per fini politici; anche Delrio aveva detto che ogni cantiere sarebbe stato giudicato in base alle analisi costi-benefici. Poi, quando si è trovato di fronte agli interessi costituiti, ha cambiato idea dicendo che nulla doveva essere toccato perché si trattava di opere fondamentali. Trovate le differenze tra lui e Toninelli. Non ci sono. Sono tutti uguali come Delrio, come Matteo Renzi, come la famosa lavagna di Silvio Berlusconi in diretta da Bruno Vespa, piena di grandi opere inutili. Pagheremo caro, pagheremo tutto, noi contribuenti".

Questa la triste fine della esperienza di un ministro della Repubblica che viene sconfessato da un suo consulente in cui aveva riposto la massima fiducia; questo, ripeto, è, purtroppo, il triste clima che alberga in questo Paese in cui, solo per aggregare il dissenso, si è disposti a costruire falsi obiettivi, false negatività possedute da reti infrastrutturali essenziali, si è disposti a essere giustizialisti, si è disposti a non fare opere, si è disposti a tagliare investimenti ferroviari per oltre 2,6 miliardi di euro, Questa kafkiana avventura è finita o sta finendo e finalmente ripartiranno tutte le opere dell’alta velocità ferroviaria bloccate; ci rimane a noi contribuenti non di pagare le opere inutili come dice Marco Ponti, ma di pagare un anno di blocco inutile di simili opere, un blocco stimato in circa un miliardo di euro.

ERCOLE INCALZA