Sono in pochi a conoscere le reali ragioni che hanno spinto Matteo Salvini a far chiudere la finestra elettorale di luglio che avrebbe consentito il voto a settembre e permesso alla Lega di tradurre in seggi parlamentari il primato conquistato alle Europee. Certo non lo hanno capito gli italiani, come conferma il sondaggio realizzato da Winpoll (adesso è il 72% a preferire il voto alla continuazione dell’attuale governo. È una opinione condivisa dalla maggioranza degli elettori di tutti i maggiori partiti, con la sola eccezione di quelli del M5S). A maggior ragione visto il crescente peggioramento dei rapporti tra i due partiti di maggioranza e quelli con lo stesso premier Giuseppe Conte dal 26 maggio a oggi. Quel che è certo è che adesso la strada per le urne si è fatta molto più complicata. E i primi a esserne consapevoli sono proprio i leghisti, a partire da quelli della prima ora che tifavano apertamente per la rottura dell’alleanza gialloverde: da Giancarlo Giorgetti, che sembrerebbe orientato comunque a lasciare il Governo già al rientro dalla pausa agostana, ai governatori di Veneto e Lombardia, Luca Zaia e Attilio Fontana, delusi e furenti per il nulla di fatto sull’Autonomia.
Salvini ora rinvia il redde rationem alla manovra. Avverte che «senza un pesante taglio delle tasse», non ci sarà il sostegno della Lega. Le tasse sono un tema sul quale la sensibilità degli elettori è altissima. Un sempreverde ma non privo di rischi, se l’aspettativa alimentata è troppo alta, le risorse a disposizione poche e se bisogna trovare anche 23 miliardi per evitare l’aumento dell’Iva. Luigi Di Maio continua a ripetere provocatoriamente che finora la Lega non ha presentato un testo, che le coperture «non ci sono».
Da mesi si parla di un taglio finanziato in parte dall'abolizione di detrazioni e deduzioni. Ma visto che già oltre la metà dei contribuenti paga al Fisco un’aliquota effettiva inferiore al 15%, chi e soprattutto quanti beneficerebbero in modo sostanziale dello sconto?
Molto dipende ovviamente dalle risorse a disposizione. Che appunto sono poche. A meno che Salvini non pensi a un nuovo braccio di ferro con Bruxelles.
La Lega ha vinto le elezioni in Italia ma in Europa è isolata. Anche i suoi potenziali alleati (da Orban a Kaczyński e lo stesso M5s),che hanno votato per la presidenza di Ursula Von der Layen, difficilmente peroreranno la causa di permettere all’Italia lo sforamento dei parametri. Salvini lo sa. Ma forse quel che gli interessa è il pretesto per innescare la crisi su un tema forte, confidando nelle urne in primavera dopo una finanziaria snella, circoscritta a evitare l’aumento dell’iva. Se questo è il piano, troverà molti ostacoli sulla sua strada. Uno tra tutti: ieri la capigruppo della Camera ha calendarizzato per il 9 settembre l’arrivo in Aula per il sì definitivo della riforma costituzionale sul taglio dei parlamentari. Se l’appuntamento sarà rispettato, interrompere questa legislatura diventerà quasi impossibile.

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