Sindacati che "finanziano" i partiti, sindacati che si trasformano in "aziende", sindacati che hanno sovvertito tutte le regole democratiche e costituzionali. Siamo ormai al paradosso! Un nuovo modello sindacale, il riconoscimento giuridico dei sindacati, nuove regole sulla rappresentatività, contratti di secondo livello: sono le nuove sfide che il mondo sindacale deve affrontare e vincere per essere competitivo e per avere un futuro. Il riconoscimento della personalità giuridica del sindacato è fondamentale per il rispetto del ruolo sociale che il sindacato riveste e ai fini della sua vera rappresentatività. L’articolo 39 della Costituzione, in maniera inequivoca, ha sancito che non può essere imposto alcun obbligo alle Organizzazioni Sindacali se non la loro registrazione con il conseguente riconoscimento di personalità giuridica. Effettuata la registrazione e la certificazione degli iscritti, le Oo.Ss. hanno la facoltà di stipulare contratti collettivi nazionali di lavoro con efficacia erga omnes. Tale disposizione non ha mai trovato applicazione per la sostanziale opposizione delle Oo.Ss. "maggiormente rappresentative", contrarie ad accettare un meccanismo di registrazione. Tale meccanismo, infatti, presupporrebbe una verifica effettiva del numero
di iscritti in ogni categoria e, perciò, una maggiore trasparenza e anche correttezza democratica nella gestione dell’organizzazione. Invece, in assenza di registrazione, i sindacati confederali hanno continuato ad avere il monopolio della firma dei contratti collettivi nazionali di lavoro a prescindere dalla loro reale rappresentatività nei settori interessati. Un altro tema ineludibile è quello della rappresentatività di fronte al quale i sindacati che vogliono continuare ad essere "corpo sociale", devono uscire dall’angolo e dimostrare di saper essere protagonisti della nuova sfida. L’attuale modello fondato sulla "maggiore rappresentatività confederale", distante dal territorio e dalle categorie, verticistico e lontano dai problemi della base dei lavoratori e delle realtà lavorative, è ormai superato e si impone una nuova visione del rapporto tra lavoratore e sindacato e tra vertici sindacali, categorie e territori, un nuovo rapporto basato sul capovolgimento della piramide. È, infatti, nelle fabbriche, nelle aziende, nelle pubbliche amministrazioni, che il sindacato può recuperare un ruolo credibile ed è tra le categorie che esso può riconquistare la fiducia dei lavoratori. E’ finito il tempo delle confederazioni chiuse nei propri "palazzi di cristallo opaco", distanti dai problemi dei lavoratori e dei territori, egoiste e fameliche rispetto alle risorse economiche derivanti dalle deleghe dei lavoratori e dalle molteplici "attività". Per la rappresentanza non deve considerarsi soltanto la capacità rappresentativa numerica nazionale, ma anche quella di secondo livello, cioè territoriale e aziendale, perché nelle realtà aziendali, sempre più spesso, emergono sindacati non facenti parte delle cosiddette "confederazioni maggiormente rappresentative" ma realmente rappresentativi dei lavoratori. Va superata, perciò, l'antica, oramai, definizione di Confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale per passare ad una fase di riconoscimento anche di quelle organizzazioni sindacali rappresentative sul piano territoriale e settoriale. Analoga differenziazione dovrà essere applicata anche alle Associazioni dei datori di lavoro. Anche sul fronte delle imprese la realtà è, infatti, profondamente mutata con Confindustria che non rappresenta più quel mondo delle piccole e medie imprese, il quale costituisce la spina dorsale produttiva dell’Italia. Anche in questo caso occorre una operazione verità affidando all’Inps il compito della rilevazione della rappresentanza che andrà distinta tra rappresentatività nazionale e quella settoriale e territoriale. Tutto questo è indispensabile per voltare pagina e per puntare su un
nuovo modello sindacale, che è necessario per il mondo del lavoro ma anche per la "sopravvivenza" e per il rilancio degli stessi sindacati. Se quelli "maggiormente rappresentativi" non hanno il coraggio di lasciarsi alle spalle l’attuale modello, l’auspicio è che sia il Parlamento a mettere mano ad una una legge appropriata che applichi ciò che è già sancito nella nostra Costituzione e, in particolare, dagli articoli 39 e 46, quest’ultimo relativo alla partecipazione dei lavoratori alla
gestione delle imprese.

SALVATORE RONGHI