Siamo a quota 157. Si trattasse di un semplice amico, basterebbero una telefonata, un messaggino o una mail. Tutto più semplice per fargli gli auguri. Ma il giornale è un amico speciale, un amico "multiplo". Rappresenta tutte le generazioni che lo hanno seguìto fin dalla fondazione (22 agosto 1862) in una tipografia di vico Luperano (popolare, antico quartiere Avvocata di Napoli). È qui che si guardava al Regno d’Italia proclamato da un anno e mezzo, ma ancora incompleto. Gli ideali risorgimentali, lo spirito garibaldino e il pensiero mazziniano trovarono il modo di affidare a un giornale il compito di non fermarsi, di "andare avanti" a dispetto di chi riteneva che il progetto "unitario" poteva ritenersi concluso.

Animatore della nuova sfida era Pietro Sterbini, già ministro della Repubblica Romana. Da quel momento la testata "Roma" entra nel circuito del giornalismo "coautore di storia": un concetto che riguarderà tutte le pubblicazioni in-e-formative, quotidiane o periodiche, che daranno conto nel modo più completo possibile ("quasi in diretta", ovviamente secondo i mezzi tecnici del tempo) del susseguirsi tempestoso delle vicende italiane. Roma era già una capitale, ma dello Stato pontificio. Occorreva farne simbolo e bandiera dell’invocata Unità nazionale. La breccia di Porta Pia renderà più vicino il completamento del progetto. La "testata" del nuovo giornale aveva però un sottotitolo - "o Roma o morte" - che oggi potremmo considerare "programma" per quel tempo e "impegno" per il futuro: nel senso che non si alludeva solo a una conquista territoriale, ma anche al dovere di immaginare e dar conto, preventivamente, di quello che sarebbe accaduto in seguito.

Con questo obiettivo, la cronaca dei fatti sarebbe diventata sempre più (per il "Roma" come per la "Nazione" di Firenze del 1859, il "Corriere della Sera" del 1876, "Il Mattino" di Napoli 1892, "La Stampa" di Torino 1895) "storia fresca di giornata" e ogni cronista uno "storiografo dell’istante", come diceva Albert Camus: l’informazione strumento di dialettica sociale per il rafforzamento della coscienza democratica e partecipativa del Paese. Si dice che i gatti hanno sette vite. I giornali qualcuna di più. Lo dimostra proprio il "Roma" col suo primato di quotidiano più antico del Mezzogiorno: primato che riguarda la continuità temporale, ma soprattutto la coerenza nel rappresentare le esigenze delle regioni meridionali qualunque fosse il Governo in carica, la formula politica dominante, la struttura e la forma dello Stato (Statuto albertino e cultura liberale, Monarchia e fascismo, Repubblica e poteri costituzionali diffusi).

Sempre vivi lo spirito e il richiamo alla propria origine con l’Unità del Paese mai persa di vista. In più il meridionalismo che trovava prestigiosi riferimenti culturali in Francesco De Sanctis (avellinese, primo Presidente dei Giornalisti italiani, collaboratore assiduo) e riferimenti letterari sia in Luigi Pirandello che in Francesco Mastriani (voce degli strati popolari, prolifico scrittore di feuilletons cui attinsero Matilde Serao e, molto più vicino al nostro tempo, Domenico Rea). Tante epoche e generazioni, tanti lettori. Posizioni mai troppo comode, quelle assunte dal "Roma" quando si trattava di rifiutare duttilità incoerenti. Subìte quasi subito, per questo, reazioni ostracistiche come la prima dopo appena quattro giorni di vita. Ci sarà poi un sequestro nel 1870 e altre interruzioni a seguire. Ma ogni volta la compagine redazionale ne usciva rinvigorita. Anche il reperimento dei mezzi finanziari è stato sempre problematico, almeno fino al 1930 quando divenne proprietà del Banco di Napoli.

Inevitabili i periodici cambiamenti di sede: da Vico Luperano a Cisterna dell’Olio, Monteoliveto, Vico Rotto San Carlo diventato la "cittadella della Stampa" con "Il Mattino" e altre testate. Il secondo Novecento segna una svolta decisiva. Il "Roma" mantiene la sua fedeltà ai valori monarchici e nazionali (referendum 1946 e battaglia per il voto alle donne), ma alla qualificazione di giornale politico si affianca sempre più quella di giornale di informazione. Nel 1942 ne è proprietario l’armatore Achille Lauro (scagionato dall’accusa di aver tratto profitto dal regime mussoliniano). Ma l’anno dopo nuova chiusura (l’Amministrazione alleata decide di concentrare le testate esistenti in una sola, "Il Risorgimento").

Quando ogni giornale può tornare nella propria casa politico-culturale, il "Roma" è naturalmente di Lauro che, da Sindaco di Napoli e parlamentare, ne farà uno strumento di battaglia politica, ma sempre con l’idea di rappresentare con vigore le istanze delle regioni meridionali (è significativo che proprio la cultura di sinistra, avversaria irriducibile del "Comandante" durante gli anni del suo imperio, da alcuni decenni abbia prodotto saggi di piena rivalutazione dell’allora avversato "nemico", riconoscendone pienamente la modernità delle visioni sia come armatore che come uomo politico). Nei primi decenni dal dopoguerra, il "Roma" e "Il Mattino", ognuno lungo il cammino della propria storia, occupano di fatto quasi tutto lo spazio informativo a Napoli e gran parte del Sud.

La concorrenza (esercitata sotto il profilo professionale diventa energia competitiva) fa molto bene ad entrambi, attenti ciascuno ad essere più completo dell’altro. Chi scrive era, in quel tempo, vice cronista capo al "Mattino". Le pagine si chiudevano alle tre di notte. Fino all’ultimo minuto, noi dalla sede del Chiatamone e i colleghi competitori dal Palazzo di Vetro di via Marina, ci controllavamo a distanza. Il giorno dopo si guardavano le pagine: prima quelle del concorrente, lieti ognuno se non era inferiore all’altro. Confronto serrato sugli editoriali. Notavamo la differenza. Da noi il direttore Giacomo Ghirardo amava l’ampiezza dei suoi editoriali, a volte quattro colonne fitte e lunghe tutte in prima pagina (lo definivamo scherzosamente il direttore "più lati-fondista" d’Italia). Alberto Giovannini, invece, sul "Roma" era più stringato ed esplicito nella tesi proposta e sostenuta.

Dopo anni di successi ("Roma" con edizioni speciali, supplementi, iniziative editoriali innovatrici e il confratello "Napoli Notte"), un po’ di colpi al cuore. La crisi della Flotta Lauro porta alla chiusura nel 1980 e alla ripresa dieci anni dopo. Poi un’altra sospensione con la riemersione, 1996, nella sede del Chiatamone. Nel trascorrere di questi anni -a partire dalle conseguenze determinate dai cambiamenti del mercato editoriale italiano e dall’avvento delle nuove tecnologie della comunicazione- nessun giornale ha più sponde sicure. Il "Roma" riesce a trovare un approdo solo per il grande coraggio dei suoi redattori. Nel 2013 nasce la Cooperativa che lo tiene in vita con sacrificio quotidiano. Una resistenza ammirevole che merita grande apprezzamento e solidarietà. Gli auguri di compleanno sono per il "Roma" e i suoi lettori che ogni giorno ritrovano lo spirito risorgimentale dell’origine. Ieri per "Roma o morte". Oggi per una battaglia contro la corruzione pubblica e per la difesa dell’unità nazionale, per una Napoli e un Sud che aiutino l’Italia ad essere più forte e competitiva nel contesto internazionale.

Ermanno Corsi

+++ Tanti vivissimi auguri dal Direttore e dalla redazione tutta di Gente d'Italia +++