La fine del Governo è una buona notizia, senza dubbio. Un altro segnale positivo sono i nuovi pensieri dei mangiatori di popcorn orgogliosi del senzadime e de l’Italia vada pure a sbattere. Un’altra buona notizia è che non ci si limiti ad un fronte "anti", ma si producano proposte per riportare il nostro paese alla politica, immaginare un futuro, dare un senso a quel futuro e darlo in Europa e per ripristinare democrazia, rispetto dell’altro ed accoglienza. Ancor meglio, si torna a parlare di lavoro, di contrasto alla precarietà, di ambiente e qualità dello sviluppo. Non cedendo, mi auguro, nel formularle a qualunque imitazione liberista. Sono risposte ai molti che hanno lo sguardo rivolto solo alla manovra di bilancio, necessaria ed inevitabile, ma non è l’unico problema. Non basta una manovra di bilancio a ricucire la rottura sociale nel nostro paese, come non basta a riparare le ferite profonde inferte alla vita democratica del paese. Non si può, nell’urgenza del mettere al riparo, sottovalutare e non nominare i danni prodotti in questi quattordici mesi. Danni che si sono determinati nello strappare quotidianamente all’equilibrio dei poteri, e ai principi di convivenza, nell’invocare una sicurezza fatta di disprezzo dei deboli, delle libertà, di porti chiusi e razzismo, del maschilismo eletto a codice del discorso pubblico.

Si dirà che nelle prove di dialogo di queste ore c’è la cancellazione dei decreti sicurezza, ovvero delle prime prove di leggi liberticide, ed anche questa è una buona notizia. Ma mette a nudo la parzialità della lettura del dove siano avvenute le lesioni democratiche ed anche la parzialità dell’analisi sulle destre estreme e sulla costruzione ideologica dei nuovi totalitarismi sovranisti. Per 24 ore abbiamo letto ovunque che il prossimo presidente del Consiglio potrebbe essere donna. Oggi le certezze sono più sfumate. La rete ha esultato, e non c’è dubbio per l’Italia sarebbe non solo un traguardo, ma una rivoluzione. Forse sarebbe soprattutto una conferma che quando i guai sono grandi bisogna chiamare una donna, perché si sa, le responsabilità è più facile invocarle che assumersele. Non mi soffermerò sull’assenza di un automatismo tra essere donna e fare politica per e con le donne. Dovrebbe essere ormai scontato. Comunque questo non compensa i silenzi in quell’aula del Senato, dove il testosterone scorreva a fiumi.

È insopportabile che mentre andava in scena la caduta del Governo, nessuno abbia ricordato tra le buone ragioni per salutarlo definitivamente, il suo organico asservimento alle politiche dell’estrema destra che sui corpi delle donne, sulla loro sottomissione, sul ritorno alla loro subalternità passata ha costruito la sua ideologia, l’ha esibita a Verona, e la diffonde in Europa e nel mondo. Non una parola nelle repliche, non una parola, o meglio un’autocritica, dal presidente Conte. Nessuna reazione ai continui richiami presenti nello sgrammaticato intervento dell’ormai ex ministro dell’Interno. Nessun cenno nei tanti titoli della possibile nuova agenda. Legge di bilancio, qualità del lavoro, emergenza cambiamento climatico, giovani sono condizioni per parlare di futuro, ma non bastano a definire i contorni compiuti della democrazia. La libertà delle donne non è rinviabile, non è la contraddizione secondaria del tempo che verrà, non è invocazione contro la denatalità, ma è la misura della democrazia, determina la qualità della ricostruzione sociale necessaria.

È libertà di tutte e tutti e per questo non è parzialità. Presuppone la fine della precarietà, vero e non scelto contraccettivo e ostacolo alla maternità libera e consapevole. Pretende qualità e quantità dei servizi pubblici, non bonus ma infrastrutture sociali. È il contrasto alla violenza contro le donne, che non si fa con un "codice rosso" fondato sul "si sa, le donne mentono". Non passa per vecchi o nuovi ddl Pillon, ma per il no alle armi, e la cancellazione delle norme sulla legittima difesa. Già abbiamo registrato donne uccise dai legali detentori di armi. È rappresentanza senza la quale qualunque democrazia è monca. Non servono tanti giorni, serve piena consapevolezza della politica come motore di eguaglianza e di libertà, e serve sapere che la libertà delle donne è metro di misura della democrazia.