L’Uruguay, e in modo particolare la sua capitale Montevideo, stanno vivendo una serie di profonde trasformazioni che rischiano di stravolgere il suo patrimonio architettonico. A lanciare l’allarme è l’associazione Basta de Demoler che denuncia da tempo la perdita di un patrimonio non riconosciuto inghiottito dal progresso in nome della modernità. Tra il 2017 e il 2018 solo a Montevideo sono stati demoliti 21 edifici di "valore storico considerevole" secondo il censimento di questa Ong. Quest’anno i numeri continuano a crescere a un ritmo costante e coinvolgono anche altre zone del paese. Tra questi uno dei casi che ha suscitato più scalpore si è avuto a Punta del Este nei mesi scorsi quando il gruppo veneto Cipriani ha tirato giù l’emblematico hotel Rafael. Le costruzioni minacciate risalgono prevalentemente a un periodo di grande crescita nella storia uruguaiana, quello a cavallo tra l’ottocento e il novecento. Erich Shaffner, responsabile di Basta de Demoler, spiega: "Dal 2011 il nostro obiettivo è quello di promuovere una presa di coscienza all’interno della società civile per la salvaguardia del nostro patrimonio architettonico che è in serio pericolo. Sono state fatte diverse azioni di protesta accompagnate anche da una forte campagna on line. In alcune zone attualmente stiamo assistendo a un rapido processo di sostituzione immobiliare che trascura il valore storico delle costruzioni abbattute che non godono della dovuta tutela. Spesso ci sono dietro fondi speculativi che comprano i terreni e poi costruiscono da zero". Il riferimento è, specialmente, ad alcuni quartieri di Montevideo compresi tra il Centro, Cordón e Parque Rodó ma non solo come dimostra la recente vicenda di Punta del Este. Secondo Shaffner i motivi per cui è necessario intervenire al più presto sono molteplici e vanno dall’aspetto puramente economico per la promozione turistica alle ragioni sociali e culturali: "Ogni edificio è unico e insostituibile e tutti insieme rappresentano l’identità di una città, la possibilità di proiettarsi verso il futuro ricordando la propria storia". Quando si parla di patrimonio architettonico in Uruguay è inevitabile parlare anche di Italia. Il perché è risaputo: "C’è stata una presenza fondamentale in tutti gli ambiti tanto per gli architetti e i costruttori italiani come per quelli che andavano in Italia a formarsi. Oggi questo contributo viene dimenticato, non viene riconosciuto come meriterebbe". L’elenco dei grandi nomi è decisamente molto lungo e va da Andreoni a Veltroni, da Zucchi a Capurro senza dimenticare Piria e Pittamiglio. Ovunque è possibile riscontrare tracce italiane. Shaffner precisa che nelle demolizioni che sono state fatte in questi anni "spesso è difficile trovare la firma degli architetti" dato che si tratta di opere che risalgono a un’epoca in cui i registri erano praticamente assenti. In ogni caso, "il pericolo di vedere scomparire il contributo italiano nella nostra architettura resta sempre molto forte". Un destino a cui potrebbe venire presto incontro, ad esempio, la vecchia sede del Circolo Napolitano, uno dei tanti immobili abbandonati e appetibile per chi è alla ricerca di affari nel business del mattone. Situato tra le vie Soriano e Michelini fin dal 1884, l’immobile rientra nell’inventario preparato da Basta de Demoler come "elemento testimoniale di un intorno urbano che vale la pena conservare". Questo elenco degli edifici da proteggere sarà presto consegnato al sindaco di Montevideo Christian Di Candia ma nel rapporto con la politica c’è abbastanza scetticismo: "Il problema è la carenza di normative al riguardo a livello dipartimentale. In tutti questi anni la politica non ha mai fatto niente per evitare le demolizioni ma forse adesso, con la pressione della cittadinanza, qualcosa sembra che possa cambiare. Staremo a vedere". Oltre alle demolizioni, Basta de Demoler allerta anche sullo stato di mantenimento degli immobili che godono della tutela statale con il marchio "Monumento Histórico Nacional" stabilito dalla legge 14.040. L’Ospedale Italiano e il Palacio Salvo rientrano in questa categoria. Entrambe sono delle vere e proprie icone architettoniche di Montevideo. La prima è l’opera dell’ingegnere piemontese Luigi Andreoni risalente al 1890, la seconda è il frutto dell’idea dell’architetto milanese Mario Palanti. "Assistiamo da anni a una sistematica mancanza di cure da parte delle autorità e questo ci preoccupa molto considerato che stiamo parlando di due monumenti nazionali molto rilevanti".