Dodici arresti. Sei in carcere, quattro ai domiciliari, due con obblighi di dimora. Venticinque denunciati. Altre trentasette persone coinvolte. È il clamoroso magnifico risultato di una operazione di polizia completata a sorpresa ed eseguita nel cuore della notte a Torino. Un micidiale colpo alle organizzazioni criminali? Una botta di quelle storiche a mafia o camorra? Uno schiaffo agli avamposti piemontesi della ‘ndrangheta operativi nel Nord Italia? Proprio no: arrestati i capi ultrà della Juventus. Ricattavano il club dopo la revoca dei privilegi. Il taglio operato dalla società dopo lo scandalo denunciato dalla trasmissione Report, che aveva portato il presidente Agnelli nelle aule del tribunale civile.

Perquisizioni sono state effettuate nella notte tra domenica e lunedì in diverse città italiane. Coinvolti gruppi ultras che hanno condizionato per anni il tifo nella curva dello stadio della Juve. Sigle note, capaci di seminare paura, specialiste nella strategia del terrore e del ricatto: Drughi, Tradizione-Antichi valori, Viking, Nucleo, Quelli di via Filadelfia. Esponenti di gruppi ultrà arrestati nell’ambito di un’indagine della procura di Torino. Per tutti, accuse a vario titolo: associazione a delinquere, estorsione aggravata, autoriciclaggio, violenza privata. I nomi degli indagati ora distribuiti tra carcere, domiciliari e obbligo di dimora? Geraldo Mocciola, 56 anni, il capo per autodefinizione e investitura dei suoi squallidi pari; Sergio Genre, 43 anni; Luca Pavarino, 51 anni. Tutti del gruppo Drughi.

Umberto Troia, 54 anni, del del gruppo Tradizione-Antichi valori, con il gemello Massimo Toia, e Corrado Vitale. Fabio Trinchero, 48 anni, e Roberto Drago del gruppo Viking, e Cristian Fasoli, 42 anni, del Nucleo 1985, e Giuseppe Franzo, leader del gruppo Quelli di via Filadelfia. Una compagnia di biechi ricattatori ed estorsori. Un’organizzazione di tipo militare, quella dei Drughi. Anche le persone più fidate, se non rispondevano alle regole, venivano allontanati dal capo Dino Mocciola. Provvedimenti non contestabili, fuori dalle scatole e basta. Mocciola e i suoi adepti fanno della violenza uno stile di vita. Ma il tifo, l’amore per la maglia, la passione Juve? Solo pretesti, gli interessi erano altri.

Niente e nessuno li fermava. A questa conclusione è prevenuto il procuratore aggiunto Patrizia Caputo, che ha coordinato l’inchiesta con il magistrato Chiara Maina. Scoperchiata la pentola, ne è sortito un ammorbante puzzo di schifezza. Immondizia pura, niente a che fare col calcio. E come andrebbe vissuto da veri tifosi. Sono emersi in maniera prepotente e inequivocabile "incontrovertibili elementi probatori nei confronti di questi persone responsabili di una precisa strategia estorsiva nei confronti della Juventus". Procuratore e magistrato, in buona sostanza, hanno constatato che la decisione della Juventus al termine del campionato 2017-2018 di "togliere una serie di privilegi ai gruppi ultrà" ha scatenato quanto segue. La reazione dei leader storici delle varie sigle. Sporchi ricatti, ricostruiti attraverso 225mila intercettazioni telefoniche.

"I gruppi si sono dati da fare con ogni mezzo, nessuno lecito e legale, per riavere quei vantaggi che erano stati loro tolti". Pura estorsione per affermare la posizione di forza nei confronti della società. La Juventus e i suoi veri tifosi parti offese. I Drughi riuscivano a recuperare centinaia di biglietti per le partite allo Stadium. In virtù di una "capillare attività in tutta Italia, grazie alla compiacenza di alcuni titolari di agenzie e negozi abilitati alla vendita dei tagliandi delle partite della Juve". Dovendo inoltre considerare gli scontri (con relative risse, minacce, aggressioni) con gruppi stufi di dover accettare l’arrogante violenta prepotenza dei Drughi e di quanti altri. I presunti squallidi leader, e non solo. Trentasette persone figurano ora nel registro degli indagati. Referenti dei gruppi in varie città italiane e dei rappresentanti di un’altra sigla ultrà, il Nucleo armato bianconero.

Le perquisizioni sono tuttora in corso ad Alessandria, Biella, Asti, Genova, Pescara, Como, Savona, La Spezia, L’Aquila, Firenze, La Spezia, Mantova, Bergamo, Monza. Niente più privilegi per noi, allora vi facciamo squalificare lo stadio. Più o meno questa la strategia estorsiva, la minaccia costante, il fiato schifoso sulla schiena della società. Cori razzisti (uno dei tanti quello rivolto al calciatore di colore del Napoli, Koulibaly) e la protesta contro Bonucci. Un segnale, questo, diretto alla società Juventus. Quindi, illecite richieste. Ovvero, biglietti gratuiti, materiale della Juventus, gadget e maglie gratis, partecipazioni ad eventi, e chi più ne ho più ne metta. L’inizio di una campagna denigratoria e di contestazione verso il club. La giustizia sportiva ha irrorato alla Juve sanzioni pecuniarie e la chiusura della curva Sud per una gara di campionato.

Richieste estorsive motivate, in maniera pretestuosa, dall’aumento del prezzo degli abbonamenti e dal ritorno alla Juve di Leo Bonucci, dopo un anno di permanenza al Milan. Temendo forti, penalizzanti ripercussioni e danni di immagine, la Juventus ha dovuto garantire 300 biglietti a pagamento per le gare in trasferta e di Champions League. Tagliandi redistribuiti dai capi ultrà: ricavati indebiti profitti. Biglietterie compiacenti assicuravano ai Drughi il recupero a prezzo di costo di centinaia di biglietti per le partite casalinghe della Juventus. Utilizzati dalle organizzazioni ultrà la forza dell’intimidazione per ottenere, indebitamente, dai punti bar dello stadio venticinque consumazioni gratuite per ogni partita. Affari d’oro e gestione mafiosa anche dei posti in curva Sud. Normali spettatori possessori di regolare abbonamento dovevano "attenersi ai divieti imposti dai capi ultrà". E al silenzio da loro imposto, niente slogan o cori a favore della squadra.

Un messaggio ai mass media, che percepiscano anche loro "il clima ostile e la nostra capacità di condizionare il tifo". Senza parole. Complimenti alla Juve che alla fine si è ribellata, denunciando. E alla procura di Torino che ha tolto i veli a una enorme porcheria, perpetuata in nome del tifo per la squadra. Nel caso in specie, mai del cuore, ma dell’arroganza, della violenza, della schifezza, e dell’indebito squallido arricchimento. Avanti le altre, ora. In Italia il marciume è presente e dilagante in quasi tutti gli stadi del calcio.

Franco Esposito