Non è il 2 giugno e nemmeno il 25 aprile. Per tanti italiani emigrati in Uruguay la vera festa italiana porta la data del 20 settembre. Si tratta di una ricorrenza ottocentesca che remota le sue origini alla breccia di Porta Pia, penultimo capitolo del Risorgimento che portò all’annessione di Roma al Regno d’Italia. Siamo nel 1870 e gli echi di quell’importantissimo avvenimento storico attraversano in breve l’oceano per arrivare alla memoria dei tanti italiani giunti nel Río della Plata durante la prima grande ondata emigratoria.
"Gli emigrati italiani consideravano la festa del 20 settembre come la più sentita e popolare, e riuscirono a comunicare questo spirito alla comunità locale" ha spiegato la storica argentina María Luján Leiva nel suo libro "Fratelli d’Italia". La chiamavano "Festa d’Italia" o "Festa di Garibaldi", facendo sì che "la tradizione popolare unificasse i due nomi amati senza soffermarsi sulla verità storica che non documentava la presenza di
Garibaldi a Porta Pia". Secondo la docente dell’Università di Buenos Aires, "la diffusione e l’entità di questa celebrazione rivela un carattere laico dell’immigrazione italiana nel Plata, così come l’influenza di una leadership liberale nella comunità italiana". Anarchici, socialisti, repubblicani e garibaldini conferirono a questa festività "un forte contenuto ideologico. Si esprimeva l’orgoglio delle origini, la decisione di una residenza e progetti di cambiamento
in una nuova terra". Ma come vivevano gli italiani d’Uruguay questa celebrazione? Una testimonianza l’abbiamo dalle parole di Carlo Novello che è stato un giornalista e scrittore di origine calabrese oltre che fondatore del Circolo Garibaldino di Montevideo.
"C’erano tante celebrazioni a Pocitos, una zona modesta della capitale con una fortissima presenza di immigrati italiani poveri. Durante questa giornata si innalzavano le bandiere italiane, non si lavorava e si facevano grandi festeggiamenti. Ognuno apportava ciò che poteva in base alle sue necessità. Si mangiava, si beveva e si cantavano canzoni in ricordo della patria lontana". Il 20 settembre non riguardava solo i connazionali della capitale. Tutt’altro. La sua presenza è stata molto forte soprattutto nei vari dipartimenti del paese. "La festa è stata una grande successo, ha raggiunto la brillantezza che tutti si aspettavano visto l’appoggio entusiasta ed unanime che ha ricevuto la colonia italiana in città".
Così scriveva El Telégrafo, quotidiano di Paysandú, mercoledì 22 settembre del 1920.
Il giornale si soffermava sul "grande aiuto ricevuto dal resto della popolazione, dagli amici e dagli ammiratori dell’Italia e dagli uomini che professano i principi liberali trionfanti nella giornata del 1870".
Da Paysandú ci spostiamo a San José, dove si trova una delle associazioni italiane più antiche del paese fondata nel 1869. Nella rassegna storica curata da Miguel Senattore si scrive chiaramente: "La Società Italiana resta sempre compromessa e ispirata ai valori
del XX settembre, così cari a tutta la collettività italiana". Per questo motivo si riafferma con decisione l’esistenza di uno "spazio culturale indipendente, tollerante e pluralista che permette la libera manifestazione del pensiero". In definitiva, questo anniversario è
strettamente collegato alla figura di Giuseppe Garibaldi, personaggio particolarmente popolare in Sud America dove combattette diversi anni.
In Uruguay fu capo dell’Armada Nacional (la marina militare) e condusse diverse battaglie per l’indipendenza del paese. Oggigiorno - con un’italianità in grande decadenza - anche questa solennità ha perso chiaramente tutto l’entusiasmo di quei gloriosi anni e il poco che resta lo si trova nell’interno del paese, dove la ricorrenza sembra essere molto più sentita rispetto a Montevideo. Nella giornata di domenica, inoltre, alcune associazioni organizzano
pranzi e feste mantenendo l’antica tradizione. Probabilmente, questa maggiore importanza nell’interno si può spiegare con il fatto che sono presenti quasi esclusivamente gruppi unitari e sono pressoché assenti le divisioni regionali come succede invece nella capitale. Per comprendere i cambiamenti che ha vissuto questa celebrazione ricorriamo ancora una volta alle parole della professoressa María Luján Leiva: "Alla decadenza della festa contribuirono la particolare congiuntura locale, il compromesso politico in Italia che la escludeva come celebrazione ed anche una mutazione profonda della componente umana dell’immigrazione italiana. Non si può, inoltre, non considerare la trasformazione della vita popolare e di quartiere, afflitta dai cambiamenti sociopolitici ed economici del dopo guerra.
La celebrazione del 20 Settembre era stata, per gli italiani, un modo per inserirsi nella nuova realtà, non accettandola però passivamente, così com'era, ma trasformandola".

MATTEO FORCINITI