Il "taglio dei parlamentari", cioè la diminuzione del numero dei componenti di Camera e Senato, non è la "novità" vantata da Di Maio: per due volte il Parlamento, nel 2005 e nel 2016, approvò progetti di revisione costituzionale che comportavano anche la riduzione del numero dei parlamentari.

La "novità" è che oggi questa riduzione è fatta a prescindere da qualunque progetto di ridisegno istituzionale del sistema bicamerale.

Il "taglio" è la pura espressione di una furia iconoclasta e antiparlamentare che non riforma nulla, ma si limita a una mutilazione della composizione delle Camere. L’altra novità è che questa legge, votata per tre volte dalla maggioranza gialloverde Di Maio/Salvini, sarà martedì prossimo approvata definitivamente dalla maggioranza giallorossa Di Maio/Zingaretti/Renzi. Di più, l’approvazione di questa legge è stato il presupposto e la condizione della formazione del governo Conte-bis.

Che senso ha, da parte di chi ha avversato questa legge fino a ieri, approvarla oggi? Che senso ha per chi ha consentito di formare il nuovo esecutivo per scongiurare il "rischio Salvini" approvare una riforma costituzionale che, a condizioni date, potrebbe tra qualche mese regalare a Salvini o a "un Salvini" una maggioranza monocolore al Senato? Che senso ha denunciare il rischio antidemocratico del populismo di destra, per consentire invece allo sfregio delle istituzioni parlamentari da parte di un movimento politico che chiede lo scalpo di 345 deputati e senatori come sanzione esemplare contro un Parlamento politicamente disprezzato come una "spesa inutile"?

Chi vota per questa legge non riforma la Costituzione, ma la subordina all’ideologia di Rousseau e degli impresari dell’antipolitica e di un’idea totalitaria e irresponsabile di democrazia diretta. +Europa ha promosso un appello sottoscritto da decine di accademici contro questa legge che affronta un tema serio e delicato in modo poco serio e sfascista, con conseguenze potenzialmente irreversibili sugli equilibri della democrazia italiana. Chi difende l’approvazione della legge in nome di un impegno a riformare entro la legislatura sia il bicameralismo che la legge elettorale è, come minimo ingenuo, e più plausibilmente complice. Non c’è nessun accordo, nessuna road map stabilita, nessun dispositivo istituzionale che condizioni l’entrata in vigore del "taglio" a ipotetiche riforme successive.

Sarebbe bastato dire a Di Maio: "Taglio sì, ma non così", ma solo all’interno di una riforma, anche limitata, per la differenziazione del ruolo delle camere. Una maggioranza che vuole arrivare al 2023 non avrebbe dovuto avere paura di questa sfida. Mancano pochi giorni al voto definitivo. Ma se il Presidente Conte ci ha messo poche ore, dopo essere stato scaricato da Salvini, per diventare europeista, non si dovrebbe avere paura di altri repentini dietro-front e di altri più utili sparigli. Mi appello quindi a Zingaretti e Renzi perché si fermino, finché sono in tempo. Troppo spesso la politica fa scelte di opportunità di brevissimo periodo, senza valutare le conseguenze di lungo periodo. Questa negligenza, in materia costituzionale, rischia di produrre danni letteralmente irreparabili alla democrazia italiana, che tocca a voi ora scongiurare.

BENEDETTO DELLA VEDOVA, SEGRETARIO DI PIÙ EUROPA