La vera partita non è tra Giuseppe Conte e Matteo Renzi. L’attuale Presidente del Consiglio è un dilettante rispetto all’ex Premier, professionista della politica, in possesso della golden share del Governo. Ed è destinato a subire, senza reagire se non con stizza personale, alle manovre con cui il leader di Italia Viva marca la presenza del proprio partito all’interno della maggioranza. Lo scontro tra i due viene enfatizzato dai media ma la lotta più seria e decisiva è quella tra l’attuale segretario del Partito Democratico e l’abile scissionista che è stato decisivo per la formazione dell’Esecutivo solo per avere la possibilità di crearsi il proprio partito.

Sotto questa luce, la conflittualità esistente all’interno della maggioranza può essere considerata come una sorta di nuovo capitolo dell’eterno congresso che la sinistra italiana continua a celebrare sulla pelle del Paese. Si tratta di un congresso anomalo. Perché non è più incentrato sulla battaglia tra le correnti, ma tra un partito che continua ad essere formato da più leader correntizi in lite tra di loro ed un partito espressione di un leader solo, padrone assoluto del proprio gruppo. Ma, anche se anomalo, sempre di congresso si tratta.

Perché si svolge all’interno del recinto della sinistra e perché ha come posta in palio la conquista della egemonia della sinistra stessa. Chi pensa che Renzi voglia formare un partito di centro riesumando la vecchia Democrazia cristiana sbaglia di grosso. L’ex Premier sa bene che la estrema polarizzazione della politica italiana (ma anche internazionale) rende impossibile tornare ai tempi della Prima Repubblica. Non rinuncia, ovviamente, a cercare di rimpolpare la rappresentanza parlamentare di Italia Viva raccogliendo profughi provenienti da Forza Italia o da qualche altra area post-democristiana. Ma il suo obiettivo è smantellare la componente post-comunista dello schieramento progressista per far nascere una nuova sinistra a vocazione maggioritaria in grado di competere con la nuova destra per il governo del Paese.

Nicola Zingaretti, che avrebbe potuto cancellare l’ambizioso sogno renziano puntando sulle elezioni anticipate, sa bene che questa partita andrà avanti a lungo e sarà segnata dalla progressiva perdita di pezzi del Pd a vantaggio di Italia Viva. Può resistere, giocare di rimessa, chiudersi a quadrato con le correnti più fedeli. Ma sa altrettanto bene di aver perso l’occasione per lo scacco matto allo sfidante e che l’esito della battaglia è scontato.

ARTURO DIACONALE