Quando nel 1884 l’epidemia del colera colpì il suo paese natale nell’Oltrepò Pavese, il neolaureato Angelo Chiolini non esitò neanche un istante per tornare a dare una mano come unico medico nella località di Stradella. Un impegno che gli valse anche una medaglia al valor civile, onorificenza che lo stesso giovane medico rifiutò con la modestia e la consapevolezza di aver fatto solo il proprio dovere nel servire la sua patria. L’episodio, originariamente scovato dallo storico uruguaiano Daniel Ramella, è stato ripreso dal libro "Central, una Institución con Alma y Corazón" scritto da Rafael Perroni e presentato l’11 settembre alla 14esima "Feria Internacional del Libro" di San José.

Si parla di un club calcistico di questa città e al suo interno viene dedicato un capitolo speciale a colui che ricoprì l’incarico di vicepresidente del Central tra il 1927 e il ‘28. "Nel mondo di oggi dove tutto ruota introno al denaro" -osserva l’autore- "mi ha sorpreso molto il comportamento di questo medico italiano che nonostante i rischi decide di tornare al suo paese natale per dare una mano. In base alle informazioni che abbiamo possiamo dire che in ogni posto dove è stato Chiolini si caratterizzava per essere una persona umanista: si dava sempre da fare sia come medico che come membro della collettività italiana".

Nato il 14 giugno del 1862 da Pietro Chiolini (un reduce della prima guerra di indipendenza) e Giovanna Barni, Angelo studiò all’Università di Pavia prima di intraprendere il lungo viaggio che lo portò in Uruguay nel 1886. Si stabilì a San José dove si sposò con Elena Artola ed ebbero due figli. Qui aprì un centro medico che in poco tempo divenne un punto di riferimento per una cittadina che all’epoca contava con 8mila abitanti. Nel nuovo paese proseguì gli studi universitari e pubblicò una tesi di dottorato in chirurgia moderna dove spiegava la sua formazione e la metodologia italiana. "I giornali dell’epoca parlano di un cavaliere impeccabile che era stimato da tutti, una figura di primo piano all’interno della società di San José di quegli anni" racconta l’architetto Perroni, ex presidente del Central, attualmente nel consiglio direttivo del club.

"Come medico assisteva tutti in un’epoca in cui -è bene sottolinearlo- c’erano pochissimi medici che godevano di un enorme prestigio. Oltre alla suo impegno professionale si dedicò attivamente anche al calcio e alla vita della collettività italiana: era uno dei principali dirigenti della locale Società Italiana e partecipò anche alla vita dell’Ospedale Italiano, della Dante e della Scuola Italiana di Montevideo. Inoltre, fu il primo presidente del Club Centenario di San José". Coincide Miguel Senattore, presidente dell’associazione italiana che ha appena festeggiato lo storico traguardo del centocinquantesimo anniversario: "Chiolini era un referente per la nostra città. Di lui, fra tutte le cose fatte, vorrei sottolineare il grande lavoro a favore della cultura italiana come presidente della Dante e non solo in un periodo in cui la presenza italiana era molto forte".

C’è una foto che è estremamente significativa per descrivere bene questo personaggio e riguarda l’inaugurazione del Teatro Macció nel 1912: Chiolini era in prima fila insieme alle personalità più illustri accompagnato dalla moglie e dalla figlia. Al Central arrivò negli ultimi anni della sua vita nel 1927 sotto la presidenza di Oscar Dursi come ricorda Perroni: "In quegli anni lui era già una figura di primo piano e la partecipazione a un club calcistico per uno come lui era decisamente poco comune. L’anno successivo alla sua morte, nel 1929, vincemmo da imbattuti il campionato cittadino che per quella edizione venne ribattezzato Torneo Angel Chiolini. L’organizzazione calcistica di San José volle rendere omaggio a questo medico italiano apprezzato da tutti".

Matteo Forciniti